“I Detective Selvaggi” – Roberto Bolaño


Voto: 5 stelle / 5

Esistono opere che per quanto lette, rilette e analizzate, sembrano sempre nascondere qualcosa nel profondo. Qualcosa di arduo, di magico, di strano da concepire persino per il lettore più appassionato.
Quando nel 1998 Roberto Bolaño diede alla luce il suo romanzo più importante, la mente acuta di milioni di persone parve fermarsi di botto. Giusto il tempo per prendere fiato, prima di saltare in burrone misterioso, fatto di poesia, emozioni e Sudamerica. Noi, come tanti altri, non abbiamo esitato a tuffarci in questo oceano di mastodontica complessità. Ne siamo riemersi illuminati, stupiti e incantati. Benvenuti ne “I detective selvaggi”.

Dello stesso autore abbiamo recensito anche “Consigli di un discepolo di Jim Morrison a un fanatico di James Joyce” e “Monsieur Pain“.

Trama de I detective selvaggi

È il 2 novembre del 1975. Juan Garcia Madero è un giovane poeta che vaga tra i vicoli e i sobborghi di Città del Messico, in cerca di qualcosa che lo strappi via dalla carriera sbiadita ed ordinaria che lo aspetta dopo gli studi di giurisprudenza. È la sua voce, almeno inizialmente, a farci da guida.
La prima cosa che Juan Garcia ci dice è che è stato invitato a far parte del Realismo Viscerale ed ha accettato. La seconda, è che non ha minimamente idea di cosa sia il Realismo Viscerale, ma lo scoprirà presto.
I suoi pellegrinaggi, infatti, lo portano ad incrociare il mondo folle e trasandato dei realvisceralisti, poeti squattrinati che odiano le convenzioni, vivono alla giornata, e discettano di poesia in una serie di squallidi bar.

I due principali esponenti sono anche i veri protagonisti del romanzo, ovvero Arturo Belano e Ulises Lima, costantemente impegnati nella ricerca della poetessa Cesárea Tinajero, considerata la “madre” del Realvisceralismo. Attorno a loro, un mosaico di strabiliante varietà. Una vera e propria bolgia di finissimi personaggi, che anche in caso di fioche apparizioni sapranno regalare attimi di profonda immersione.

Una volta chiusa la prima fase, dopo circa centocinquanta pagine, comincerà il romanzo vero e proprio, ovvero quello che racconta le vicende di Belano e Lima attraverso i vent’anni che dal 1976 portano dritti al 1996, per poi riprendere, prima del finale, le sembianze già note del poeta Garcia Madero.

Recensione

Roberto Bolaño, con “I Detective Selvaggi”, compie un’impresa davvero encomiabile, ossia progettare e costruire un mondo vivo, pieno di personaggi memorabili e intrinsecamente connessi. L’opera infatti, più che un semplice romanzo, appare come una sorta di rete neurale, che collega i destini di ogni singolo nome.
Scandita in maniera lineare e cronologica, la fase centrale metterà in scena una quantità enorme di monologhi e piccole storie. A parlare saranno proprio i personaggi, sia quelli che abbiamo imparato a conoscere, sia quelli che invece non conoscevamo ancora. Ognuno di loro racconterà qualcosa riguardo il suo passato, il suo presente e, soprattutto, la propria esperienza con la coppia Belano-Lima, lasciando dietro di sé una torma di ricordi sempre più malinconici.

È proprio questa strana nostalgia di fondo a stupire più di tutto. I personaggi invecchiano sotto i nostri occhi, in maniera lenta, surrettizia, ma inesorabile. L’atmosfera, sciatta e disillusa durante la gioventù, declina sempre più col passare del tempo, regalandoci istanti di grandissimo coinvolgimento.
La tecnica narrativa, poi, costituisce un punto praticamente a sé stante. Belano e Lima non compaiono mai direttamente. Non li sentirete mai narrare qualcosa in prima persona. Saranno tutti gli altri a parlare di loro, ma non temete. Lo stile sarà sempre rapido, profondo e maledettamente divertente.
Vale la pena sottolineare poi, il ritratto contraddittorio e disturbante del Sudamerica, qui mostrato sotto spoglie che forse non sono mai state sviscerate abbastanza.

Roberto Bolaño, con I Detective Selvaggi”, ha scritto un capolavoro, madido di pathos, con gli occhi offuscati dal velo beffardo della malinconia. In ogni personaggio c’è una scintilla che sembra un temporale. In ogni vicenda c’è una lezione che forse non capiremo subito, ma che senza dubbio ricorderemo per sempre.
Come se tutto questo non bastasse, l’opera vi terrà incollati alle pagine per tutta la sua durata, nonostante una dimensione che piccola non lo è di certo. Ma non lasciatevi scoraggiare. L’unico vostro rimpianto, alla fine dell’ultimo punto, sarà quello di non poter leggere ancora qualcosa di più.

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