“I versi satanici” – Salman Rushdie


Voto: 4 stelle / 5

“I versi satanici” (Mondadori, 1989) è un romanzo di Salman Rushdie, scrittore indiano naturalizzato britannico. Avvalendosi del Realismo magico racconta di alcuni aspetti dell’Islamismo. In particolare, per una scena su Maometto ritenuta dissacrante l’autore si è guadagnato una “fatwa”, una condanna a morte. Due suoi traduttori – tra cui Ettore Capriolo, che ha firmato l’edizione che ho letto io – sono stati feriti e uno ucciso.

Trama de I versi satanici

A capitoli alterni, “I versi satanici” rivisitano alcuni aspetti della cultura islamica e raccontano la vicenda di due indiani musulmani che sopravvivono miracolosamente a un incidente aereo trasformandosi uno in un Arcangelo e l’altro in un diavolo. Gibreel Farishta e Saladin Chamcha subiscono una vera e propria trasformazione kafkiana, che i personaggi intorno a loro scelgono di accogliere, temere oppure ignorare. Dalle loro storie nascono, tentacolari, altre storie, alcune visionarie e incredibili, altre molto umane e coinvolgenti.

Recensione

In “I versi satanici” c’è una visionarietà che irretisce. Letteralmente vediamo il volto caprino, sbuffante fumo, di Saladin Chamcha, o le farfalle vestire il corpo della giovane Ayesha, o ancora la neve coprire la spiaggia dove Gibreel è aiutato da un’anziana che lo crede la reincarnazione del suo amante di tanti anni prima.

“Amava in questo amore, pur non essendo disposta ad accorgersene, il principio di una fine”

Il mese che ho impiegato a leggere queste seicento pagine sarebbe stato essere più lungo se mi fossi soffermata a fare ricerche ogni volta che avrei avuto bisogno di spiegazioni. Ci sono molti riferimenti e accenni alla cultura islamica, ma è un mondo così lontano dal nostro che per il 40% non sono pienamente comprensibili.

Il restante 60%, però, offre una scrittura che trascina, dinamiche interessanti tra personaggi e riflessioni importanti sul senso di sradicamento degli emigrati, che non si identificano più con il loro Paese di provenienza ma non vengono realmente riconosciuti dal loro Paese di naturalizzazione.

“Perché ciò che uno crede dipende da ciò che ha visto, non solo da ciò che è visibile ma da ciò che si è disposti a guardare in faccia”

Non sapevo, ad esempio, che Mahound – nome che ricorre tantissimo – è un altro modo di chiamare Maometto, e che secondo la tradizione avrebbe avuto sette mogli. Nel libro ha luogo una sorta di role play in un bordello, in cui ogni prostituta prende nome e sembianze di una moglie del Profeta. È chiaro che qualche fedele può rimanerci un po’ male.

Per far capire la poca linearità e l’inarrivabilità della trama, confesso che ho scoperto solo leggendo su Wikipedia che i veri “Versi satanici” del titolo sono dei passaggi cancellati dal Corano e che raccontano quanto rivisitato nei capitoli pari del romanzo. Verso la fine del libro vengono descritti come frasi inquietanti dette al telefono per rivelare un tradimento; inquietanti perché disarmanti e fuori contesto.

Mi è rimasta la curiosità di leggere altre opere dello stesso autore, cercando qualcosa di meno onirico.

Commenti