“Il cacciatore di ricordi” – Fabrizio Benedetti


Voto: 5 stelle / 5

Fabrizio Benedetti, professore di neurofisiologia all’università di Torino è il narratore de “Il cacciatore di ricordi. Quattro casi gialli per un neuroscienziato” (Mondadori 2021) uscito lo scorso 3 marzo. Le memorie dei suoi pazienti sono esplorate, scandagliate, analizzate sotto ogni prospettiva. L’utilizzo di sofisticate attrezzature mediche non esclude osservazioni empiriche e conseguenti deduzioni. Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale in omaggio.

Trama de Il cacciatore di ricordi

Ne “Il cacciatore di ricordi” è raccontato tra gli altri, il caso di Sonia, una donna affetta da demenza che convive da quarant’anni con la terribile ossessione di aver spinto Martina, sua figlia, giù da una scogliera.

”Sonia ha mosso il braccio, Martina è caduta, lo shock emotivo ha impresso per sempre questa sequenza. Rimane tuttavia una grossa incognita, difficile da dipanare e da indagare. Qual era l’intenzione? Di aggiustarsi i capelli? Di uccidere? Forse questo è davvero un territorio inesplorabile.”

È citato un caso di anestesia cosciente; quello di Magda. La donna riferisce di aver assistito, mentre subiva un intervento all’addome, a una conversazione che inchioderebbe uno dei due chirurghi presenti in sala a delle gravi responsabilità. 

”Essere coscienti è un’esperienza difficilmente descrivibile in termini scientifici. D’altronde tutte le definizioni di coscienza sono insoddisfacenti, e persino inadeguate. L’introspezione è forse la strada più giusta da percorrere, e anche la più ovvia e forse la più banale. È l’esperienza quotidiana che viene in nostro soccorso: basta svegliarsi la mattina da un sonno incosciente e rendersi conto del proprio corpo e del mondo circostante.”

Nel caso di Gianna, i ricordi costituiscono un’opportunità: quella di alleggerire una coscienza sofferente portando a galla una verità sopita.
Marcus, invece, ne è tormentato al punto da cercare conforto nell’autopunizione procurandosi dolorose lesioni da allergia al nichel.

Recensione

Nel corso della lettura de ”Il cacciatore di ricordi” ho percepito non solo l’indiscutibile preparazione professionale di chi ha dedicato la propria vita alla neuroscienza , ma anche profonda empatia e delicatezza nel toccare i ricordi, le emozioni e il dolore altrui.
Una mente attenta e aperta quella di Fabrizio Benedetti, riflessioni ponderate e grande spirito di osservazione, nulla lasciato al caso; passato al setaccio ogni dettaglio che potrebbe, come in ogni indagine investigativa, essere determinante ai fini della comprensione del malessere che tormenta i suoi pazienti.
Le energie mentali e fisiche sono investite al solo e unico scopo di alleviare le sofferenze, una fusione perfetta di competenza e coscienza umana. 

“L’uomo segna i ricordi nei fogli profondi della memoria nelle sue caverne incalcolabili ed ordinate e li affida ai posteri come hanno fatto gli indiani con i libri Veda e gli ebrei con la Sacra Scrittura. L’uomo vive con i suoi ricordi fino alla morte (Omero)”. 

Dunque non indagini meramente scientifiche mirate a risolvere dei casi, ma l’intimo desiderio di arrivare alla verità nel tentativo, spesso riuscito, di restituire all’individuo che ha perso la luce, se non il tempo e gli affetti perduti, un minimo di serenità per proseguire il viaggio attraverso la vita.

La mente umana è tanto lineare quanto complessamente imperscrutabile.
Ci si muove come fosse un campo minato: per quanta cura e attenzione si possano prestare, il rischio per un neuroscienziato di calpestare una mina e che esploda mandando a rotoli mesi di lavoro, è dietro l’angolo.
Eppure capita che la soluzione si celi dietro la semplicità di un articolo di giornale o di un effetto placebo.

Scrittura accattivante tanto quanto lo sono gli argomenti trattati, che nonostante la complessità sono raccontati in modo semplice e accessibile a tutti.

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