“Il mondo alla fine del mondo” – Luis Sepúlveda


Voto: / 5

La prima volta che Mundo del fin del mundo di Luis Sepúlveda è arrivato in Italia, tramite Guanda editore, era il 1994, ma la sua prima pubblicazione risale al 1988. Uno dei suoi libri più famosi, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” doveva ancora essere scritto. De “Il mondo alla fine del mondo” ho letto una versione Mondolibri del 2010 su licenza Guanda. Dello stesso autore, Amantideilibri.it ha recensito la favola “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare“, e “La fine della storia”. Ho scelto questo libro perché ho seguito la lettura condivisa del gruppo Book Club Italia, che ha scelto Luis Sepúlveda come autore del mese di maggio


Trama de Il mondo alla fine del mondo

Il romanzo è ambientato in Patagonia nel 1988. Racconta di un incidente incredibile accaduto a una nave officina baleniera che massacrava balene contro la legge. La narrazione è in prima persona e il protagonista è un giornalista proveniente dal Cile, che lavora in un’agenzia legata a Greenpeace.

Recensione

il-mondo-sepulveda-copertinaCome fa notare nel 1994 una giovane Giovanna Zucconi nel programma Pickwick diretto da Alessandro Baricco, il mondo alla fine del mondo di cui parla il titolo non è solo la Patagonia ma anche un’allusione ambientalista a un mondo che rischia la fine.

Io non capisco perché ogni volta che leggo Luis Sepúlveda mi resta la sensazione di perdermi qualcosa. Il suo procedere poco visuale e poco introspettivo mi limita. Per fortuna, leggere questo libro nel 2020 permette di farsi aiutare dalle suggestioni di Google Earth. Sicuramente ci sono alcuni episodi e alcune informazioni che rimangono impressi, come fa anche notare la Zucconi quando racconta dell’incontro con il cadavere di un cacciatore di foche rimasto congelato su un iceberg con il dito puntato quasi a monito. A me ha colpito, per esempio, scoprire che sia possibile riconoscere una balena femmina e incinta da come emerge dall’acqua, e che è vietato cacciarle perché sarebbe come uccidere “la gallina dalle uova d’oro”. Mi ha anche colpito leggere che le balene non sanno difendersi da sole ma sono dei giganti buoni che possono intervenire in difesa di un animale più piccolo.

Forse il dubbio che rimane dopo aver letto un libro del genere, che è un ibrido tra reportage e fiction, è

Canal Messier, una delle ambientazioni del romanzo

come si possa trattare un argomento così ingombrante come lo sterminio delle balene in 127 pagine.

Non sono riuscita a scoprire se sia tratta dalla realtà la storia narrata e ambientata in un giorno preciso, il 16 giugno 1988: un giorno letterariamente interessante, già scelto da James Joyce per il suo ”Ulisse”. Non ho trovato informazioni sull’incidente che secondo Sepúlveda è accaduto alla Nishin Maru, ma ho trovato l’esistenza di una nave officina giapponese che si chiama Nisshin Maru e che è stata ostacolata da Greenpeace proprio negli anni 1987/89. Mi resterà anche questa curiosità.

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