“Il secondo libro” – Massimiliano Governi


Voto: 5 stelle / 5

“Il secondo libro” è un romanzo umoristico strampalato di Massimiliano Governi uscito per le edizioni e/o a settembre 2021. Consigliato a chi è in vena di divertirsi …ed è anche “schizzato”.

Trama de Il secondo libro

Un romanzo pieno di ossessioni, qualcuna divertente. Una storia di tipi strani eppure esemplari delle turbe della gente. Persone di carta, che sembrano tanto vicine a quelle in carne e ossa. E non solo di quasi vent’anni fa.

Autobiografico?

Si direbbe così, ma non diamo niente per scontato. Massimiliano scrive, anche parecchio, mentre il suo protagonista fa tutto, tranne scrivere. Ogni distrazione è buona per tenere le dita lontane dalla tastiera dei primi pc. È ambientato nel 1996, a Roma (tanta Roma), il romanzo breve di Massimiliano Governi “Il secondo libro” (134 pagine, 15 euro).

Secondo libro? Quarto di Governi e solo per restare alla casa editrice romana: “La casa blu”, nel 2016; “Il calciatore”, riedizione nel 2018 del titolo d’esordio del 1995, a 33 anni e “Il superstite”, nel 2018. Perchè conta non pochi ulteriori racconti e romanzi ne, fino a “L’editor”, per Atlantide, nel 2020. Tutti con protagonisti che guardano dentro se stessi e dentro gli altri. Oltre a scrivere, è curatore editoriale di pochi lavori ma buoni, alla ricerca del meglio nella scrittura, di chi si eleva dalla massa. Tuttavia, sostiene che “pochissimi, quasi nessuno”, hanno stile.

Già, lo stile

Stile ne ha, Massimiliano, indubbiamente. Lo dimostra in questo romanzo, che sviluppa a pezzi e bocconi, ma con una coerenza tutta sua. Sembra anche dare l’impressione di fare di tutto per respingere il lettore, più che attrarlo. Anche in questo caso, però, non diamo credito alle apparenze.

Alter ego letterario è un giovane scrittore aggressivo con il prossimo. Infligge condanne capitali immaginarie e le esegue nella sua mente, ai danni di sconosciuti, passanti e chiunque incontra per strada. Falciati, sgozzati, decapitati, giustiziati, percossi a mani nude o con cinghie e bastoni. Non ha torto I., la sua ragazza, a dargli del “rabbioso”, anche lei una non coerente tra il pensare e l’agire. Presta la voce italiana a Drew Barrymore in sala di doppiaggio.

Lo scrittore senza nome è al secondo libro, da consegnare a un grosso editore, che a detta dell’interessato ha pure versato un anticipo. Ma di questo nuovo prodotto non c’è traccia nelle cartelle sul computer, che contrassegna con parole scurrili. Tutte vuote, senza eccezione. Denominare i file con espressioni volgari è una mania contagiata dal più grande amico, Giovanni.

Sconcezze per nominare cartelle

Giò non riusciva a fare andare a dovere il suo primo computer e per la frustrazione aveva salvato una serie di documenti con parolacce e bestemmie. Che faccia rossa davanti al tecnico, quando aveva portato il pc in assistenza.

È un altro pieno di difetti, Giovanni, di turbe e di manie. Racconta all’amico scrittore d’essere lui Nick Martello o Johnny Bottiglia, gli assalitori di donne che riempiono le cronache. Sui molestatori seriali, conosce particolari che l’opinione pubblica ignora: quando sono furiosi tirano i capelli, menano schiaffoni in testa, prendono le vittime a calci. Giovanni è uno “scrocchiazeppi” e non coincide col fisico di quei maniaci. È probabile che le sue siano solo fantasie. S’è per questo si è anche detto Joe Tanica, l’incendiario d’auto sulla Gianicolense o il Tastatore, che allungava le mani sui fondo schiena femminili.

Anche Giò è scrittore o meglio, non ancora, visto che non è pronto il romanzo sull’omonimo John Martin, trombettiere di Custer a Little Big Horn ed ex garibaldino. Di certo invidia l’amico, perchè all’uscita del primo e unico volume, l’anno prima, gli ha rinfacciato di avere copiato dalla sua vita e da suoi racconti incompiuti. “Quello che hai messo lì dentro è patrimonio comune”.

Cervantes aveva 70 anni

Se nello zaino di ogni soldato di Napoleone c’era virtualmente il bastone di maresciallo, nello zainetto di Giovanni c’è il capolavoro che sarà ricordato nei secoli. Ha tempo, visto che Cervantes ha pubblicato “Don Chisciotte” a 70 anni e lui ne ha solo la metà.

Quanto allo scrittore innominato, proprio non ce la fa a scrivere un secondo libro che sia uno, anche non una meraviglia. Accende il pc, apre file, salva, resta a guardare svogliato. Spegne e lascia l’appartamento a Trastevere. Passa le giornate scorrazzando per Roma, spesso sul motorino, che impenna nei rettilinei sulla ruota posteriore, lasciando dietro di sé una lunga scia di sangue. Sempre immaginaria, beninteso, commette crimini soltanto nei suoi pensieri compulsivi.

Quello che fa davvero, con metodo è intrattenere una corrispondenza cartacea con la ragazza del palazzo di fronte. Si lasciano lettere nelle buche dei rispettivi condomini.

Ritaglia articoli

Inoltre, ritaglia articoli di cronaca dai cinque quotidiani acquistati ogni giorno. Il denaro non gli manca, dice di campare col famoso anticipo e di accontentarsi di poco per vivere. I. crede invece che dietro ci sia il sostegno del padre, funzionario RAI. Seleziona e conserva tutto, teme che perdere una sola notizia possa danneggiare il libro da scrivere. Frequenta anche l’emeroteca della Biblioteca nazionale, ordina fotocopie che passa regolarmente a ritirare dopo due settimane. Ma già svoltando in via del Castro Pretorio, si rende conto che l’argomento è superato e non sarà utile al libro in fucina.
Quel libro, un’ossessione, come le tante nel romanzo originale di Governi, qualcuna divertente. Una storia di tipi strani eppure esemplari delle turbe della gente. Persone di carta che sembrano tanto vicine a quelle in carne e ossa, non solo di quasi vent’anni fa.

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