“L’affaire” – Piero Trellini


Voto: 5 stelle / 5

Da marzo è in libreria “L’affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus” di Piero Trellini (2022 Bompiani) nella nuova collana Munizioni, diretta da Roberto Saviano. Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea in omaggio.

L’appellativo Munizioni ne indica l’indirizzo editoriale perché, osserva l’autore di Gomorra, “munirsi dell’alfabeto è il gesto più pericoloso che possa essere compiuto contro il potere.

“L’Affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfusè una lettura strepitosa, tra saggio storico e giornalismo investigativo. Avvincente come un romanzo, ma non romanzato. Infatti, ricostruisce con rara perizia storica e psicologica la concatenazione di eventi che hanno generato l’affaire. Il libro più esauriente scritto ad oggi sull’argomento.

Un caso drammatico dal finale amaro, che costrinse la Francia a una scelta morale. Il protagonista, a patire e superare il trauma del “crollo di tutte le sue convinzioni” senza scivolare, aggiungo, nell’inaridimento morale.

La vicenda si intreccia con un cast stellare. Vi bastano Monet, Herzl, Cézanne, Zola, Goethe, Pissarro, Rodin, Champollion, Bizet, Degas, de Coubertin, Proust, Wilde, Clemenceau, Anatol France, Lèvy-Bruhl e Paul Durand-Ruel, l’inventore del mercato dell’arte moderna?

Il bello è che a questi Grandi non è riservato un ruolo marginale. Vengono scandagliati in relazione al loro coinvolgimento con il caso Dreyfus, oppure per dare corpo alla temperie culturale dell’epoca, in cui matura la vicenda. Le sorprese non mancheranno.

L’autore

Piero Trellini non ha bisogno di presentazioni. Creativo, scrittore, sceneggiatore, giornalista. È sua la paternità del nome Unico per il nuovo modello 740.

Trama di L’affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus

La vicenda inizia a Parigi nel 1894 per lo zelo di una donna. Addetta alle pulizie dell’ambasciata tedesca, consegna al controspionaggio francese per cui lavora i pezzi di un biglietto, noto come borderau. Lo trova in un cestino della carta straccia. È “una lettera di accompagnamento strappata in sei pezzi, senza data né firma”. Il contenuto sembra compromettente. Che un ufficiale corrotto venda informazioni top secret?

Questo è solo l’antefatto di una pièce mutata in tragedia della durata di dodici anni. Campeggia la statura morale di un capitano accusato ingiustamente di alto tradimento. Patisce umiliazioni, calunnie, una punizione da Cocito dantesco.

E che, paradossalmente, nell’inferno della colonia penale “non sapeva che ci fosse un Affaire che portava il suo nome”. Istinto autoconservativo e senso granitico dell’onore lo sorreggono. Per dimostrare la sua innocenza, sa che deve rimanere in vita. A costo di imporsi una maratona mentale pur di mantenere il cervello occupato. Lo dimostrano i quaderni redatti durante la detenzione.

Le pagine dedicate al reinserimento nel consorzio umano sono condotte da Trellini con una penetrante sobrietà, degna del protagonista.

Di alto profilo anche il fratello Mathieu e il colonnello Picquart. Convinti della sua innocenza avanzano, autonomamente, come una nave rompighiaccio. Tra prove a sua discolpa ibernate e false accuse, che affiorano pericolose. Ogni campagna revisionista viene affossata.

I due si conosceranno solo a quattro anni di distanza dallo scoppio del caso.

Tralascio l’immenso Clemenceau e Zola, il cui impegno dreyfusardo travalica il detonatore del J’Accuse…!

Divagando

Clemenceau, giornalista e politico, si laurea il medicina con una tesi sulla bugonia. Il bello è che lui ci crede, come Virgilio. Il paradosso è che siamo alle porte del Positivismo.

La tempesta perfetta

Immaginate un sottobosco di subalterni che vedono nell’individuazione del traditore l’occasione per uscire dal cono d’ombra. Un’analisi del borderau viziata da un soggettivismo tale, da spingere chi di dovere a limitare il campo dei sospettati a dodici ufficiali. La perizia di un neografologo la cui ambizione supera il talento. Il muro ostativo dei vertici dello Stato Maggiore: “un blocco di ghisa”.

Aggiungete un carosello di spie, controspie, doppiogiochisti e creatori di fake news che avvelena ambienti militari e politici. Il razzismo su base scientifica sostenuto da un Positivismo, di cui Trellini coglie l’intrinseca debolezza. La virata antisemita del pontificato di Leone XIII. L’onda crescente del nazionalismo.

Montanelli osservò, in un articolo del 1994, che anche la radicalizzazione del nazionalismo in chiave aggressiva verso i lavoratori stranieri immigrati ebbe un peso (negativo) nella vicenda.

Aggiungete la manipolazione demagogica a mezzo stampa di un’opinione pubblica inasprita dal revanchismo. La sola Parigi nel 1898 vanta circa 2500 testate contro, a favore e neutre rispetto alla vicenda. Intenzionalità e caso convergono in una tempesta perfetta: “L’affaire” .

La creazione del nemico

Il popolo francese ha bisogno di un capro espiatorio. E, come insegnano Cesare e propaganda, una figura di alterità, capace di convogliare odio e paura, la si costruisce ad arte.

La fin de siècle, infatti, è un frangente delicato per la Terza Repubblica. La batosta di Sedan e lo scandalo del canale di Panama hanno umiliato lo spirito di grandeur dei francesi.

Il capitano Alfred Dreyfus, unico ebreo nato in Alsazia nella rosa dei sospettati, è la vittima predestinata. Allora l’Alsazia era tedesca e il capitano, il primo ufficiale ebreo entrato nello Stato Maggiore.

Recensione

La mole di questo romanzo corale è l’esito del metodo compositivo. Infatti, Trellini segue uno schema analogo ai due romanzi precedenti: La partita. Il romanzo Italia-Brasile (2019 Mondadori) e Danteide (2021 Bompiani).

Ti aggancia con un incipit a sorpresa. Ti seduce con la concretezza storica di tutte le parti in causa prima, durante e dopo. Il corredo iconografico trasforma il lettore in un testimone oculare. La scrittura rapida, visiva, tagliente – del giornalista e dello sceneggiatore -, setaccia sacche inesplorate o lacunose di un insieme sempre più contorto e dilatato. Così elastico da sfiorare la contemporaneità. Un altro punto di forza è che il libro non termina nel 1906 con la fine del caso. Continua a regalare sorprese come una generosa matrioska.

L’attualità dell’affaire

Il capro espiatorio e l’errore giudiziario insabbiato. Servizi segreti deviati, antisemitismo latente e intellettuali dei rami più disparati che si espongono nel sociale. Il peso delle quote rosa nell’opinione pubblica. La voce di scienziati e matematici in un dibattito morale. Le battaglie tra testate giornalistiche per conquistare il cuore del lettore o confondere le coscienze. Scoop falsi, faziosi, veri, inverosimili. Fumetti per coinvolgere (indottrinare?) i più piccoli nel mondo dei grandi. Un’eco planetaria.

A dimostrazione che l’affaire Dreyfus non fu solo un caso esemplare di errore giudiziario. Di quelli che impongono una polarizzazione tra innocentisti e colpevolisti. Fu molto di più.

Domande e risposte

Dreyefus scrive alla moglie: “Perché non si può aprire con il bisturi il cuore degli uomini e leggervi dentro?” Penso che l’autore ci sia riuscito.

Il secondo quesito riguarda la causa remota dell’affaire. Trellini formula una risposta convincente.

Giunti all’ultima pagina vi domanderete, come è capitato a me: è già finito?

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