“La magica virtù di misurare le parole” – J.C. Seznec e L. Carouana


Voto: 3 stelle / 5

“La magica virtù di misurare le parole” è un saggio di Jean-Christophe Seznec e Laurent Carouana, che Mondolibri ha pubblicato nel 2021 su licenza dell’editore Feltrinelli.

Se ricordo bene – ma la mia memoria, specie con le cose lontane nel tempo, qualche colpo comincia a perderlo – secondo Marco Tullio Cicerone vi sono tre regole fondamentali che il bravo oratore deve seguire per essere incisivo: avere qualcosa da dire; dirla; tacere subito dopo.

Io direi di concentrarci appena un momento sull’ultima.

«Un bel tacer non fu mai scritto»

Parliamo di tacere, dunque. Partendo da lontano. Il proverbio italiano “un bel tacer non fu mai scritto” sarebbe opera del poeta veneziano seicentesco Iacopo Badoer (altresì noto come Giacomo Badoaro). Un secolo dopo, nel 1771, l’Abate Dinouart se ne esce con “L’arte di tacere”.

L’importanza, insomma, del silenzio inteso non quale assenza totale di suoni, ma opportunità di tenere la bocca chiusa. Perché ci sono momenti, nella vita, in cui è davvero il caso di non dire proprio nulla. Parlare sarebbe inutile, oltre che controproducente.

La magica virtù

Il problema è stato ripreso da Jean-Christophe Seznec – psichiatra – e Laurent Carouana – comico e regista – nel saggio “La magica virtù di misurare le parole”. Il sottotitolo centra in pieno la questione: Quando tacere, come parlare. Un uso intelligente del silenzio, insomma.

Già nell’introduzione gli autori partono in quarta: Se facessimo una pausa nel nostro blaterare? Seguono sei capitoli i cui titoli non lasciano adito a grandi dubbi: Perché parliamo?; Perché non tacciamo?; Scegliere di dire; Come esprimersi bene con i nuovi media; Saper tacere; Saper parlare a ragion veduta.

Dopo le immancabili Conclusioni, Seznec e Carouana lasciano la parola ad alcune testimonianze. Chiudono il volume Come andare più lontano e una serie di schemini per chi ne è appassionato. Un saggio di questo tipo era inevitabile, se ci pensiamo. Siamo circondati da troppe parole, la maggior parte delle quali superflue, per non dire inutili. È necessario dire meno. E dire meglio.

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