“L’enigma del Führer” – Stefano Mancini


Voto: 4 stelle / 5

“L’enigma del führer” è un thriller tra lo storico e il fantascientifico scritto da Stefano Mancini e pubblicato da Fanucci editore nel 2019. Si tratta di un romanzo accattivante dal ritmo incalzante che poco ha da invidiare ai best seller di Dan Brown.

Trama de L’enigma del führer

Londra, giorni nostri. Il giornalista del The Guardian Ethan Cooper guida sotto una pioggia scrosciante, e un uomo si getta inspiegabilmente sotto la sua auto, rimanendo in fin di vita. Mentre Ethan chiama i soccorsi, giungono due uomini misteriosi, che iniziano a frugare nelle tasche dell’uomo. Ethan se ne libera, e il signore prima di morire gli consegna due oggetti. Ethan scopre che l’uomo ha una cassaforte a Francoforte, di cui ora possiede la chiave. Da questo momento inizia il suo viaggio-indagine, che lo porta in Germania da Kirsten, una ricercatrice giovane e intelligente.

Inizieranno a far luce su un progetto legato al Terzo Reich, di cui il bisnonno di Kirsten (Günther) faceva parte, tra enigmi, codici cifrati e momenti thriller, in cui Ethan e Kirsten dovranno anche affrontare fanatici neonazisti bramosi di fondare un nuovo Reich. Le vicende di Günther sono narrate in parallelo alla storia che vede Ethan e Kirsten protagonisti, in un viaggio nel tempo che arricchisce di suspense e di dettagli storici il romanzo, il cui epilogo è un vero e proprio sbalzo temporale a ritroso. 

Recensione

“L’enigma del führer” è un romanzo che cattura davvero l’attenzione, sia per l’argomento trattato e l’intreccio della trama, sia per il modo di scrivere. Mancini usa uno stile fresco e scorrevole che tanto si adatta a un romanzo thriller, e riesce grazie ai riscontri storici su una misteriosa macchina creata dai nazisti, a dare veridicità al libro. L’aspetto fantascientifico si fonde quindi con quello storico, la fantasia si mescola con la realtà.

L’epoca della Germania nazista è descritta molto bene, anche dal punto di vista emotivo; Günther che vive gli anni della gioventù a Monaco di Baviera, dove respira aria di speranza e rivoluzione grazie al nazismo, e poi il suo trasferimento nella miniera di Wenceslas in Polonia come scienziato, dove finalmente capisce come la natura del nazionalsocialismo sia distorta. Sembra anche molto autentica la descrizione di Himmler, bramoso in modo ossessivo di vedere creata l’arma più potente di sempre che permetterebbe al Terzo Reich di dominare il mondo. Il romanzo scorre veloce, alcune pagine si leggono al cardiopalma.

Ciononostante, ci sono degli aspetti che non convincono troppo, legati in particolar modo ai soliti standard dei thriller che vedono sbocciare alla svelta gli amori e soccombere tutti i cattivi. La relazione che viene a crearsi tra Ethan e Kirsten appare un po’ scontata (se pur maturata col tempo), come appare un po’ banale il fatto che alla fine al fervido neonazista gli si ritorca tutto contro, finendo indietro nel tempo nell’epoca sbagliata. Ma in fondo questi sono canoni letterari dai quali non è facile districarsi; lo stesso Dan Brown li usa fino allo sfinimento. Anche se c’è da dire che, a differenza dello scrittore americano, Mancini è riuscito a dare un volto più umano ai protagonisti.

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