Analisi di un mini-racconto di Arthur C. Clarke

E Dio disse: ELIMINA linee da Uno ad Aleph. CARICA. ESEGUI. E l’universo cessò di esistere.
Poi ci rifletté per alcuni eoni, sospirò, e aggiunse: CANCELLA. Non è mai esistito.

La creazione di un mondo

Un mini-racconto di Arthur C. Clarke (dove la C puntata sta per Charles) non può che appartenere
al genere fantascientifico. D’altronde parliamo dell’autore di 2001 Odissea nello spazio, anche se
molti conoscono il film di Kubrick ignorando che abbia un’origine letteraria.
Nel caso specifico, lo scrittore si confronta con un tema classico della fantascienza: la creazione di
un mondo.
I pianeti, si sa, vengono creati dagli dei. E qui si comincia proprio con Dio. L’attacco ha un evidente
sapore biblico: E Dio disse. Subito dopo, ecco lo scarto. La narrazione svolta in direzione
tecnologica. Il Verbo divino si riduce a una sequenza di comandi informatici. Elimina. Carica.
Esegui.
Il pretesto narrativo è, almeno in apparenza, un atto di distruzione, vale a dire di creazione al
contrario. Come a voler contraddire l’assunto secondo cui Dio avrebbe creato ogni cosa dal nulla.
L’universo, in ogni caso, cessa di esistere.
Non sembra, però, una decisione definitiva. Al gesto estremo segue, infatti, un interminabile
periodo di riflessione. Il tempo divino è quantificabile con i grandi numeri: si misura in termini di
eoni. E Wikipedia definisce l’eone «unità geocronologia utilizzata in geologia. È la categoria di
rango superiore tra le suddivisioni della scala dei tempi geologici; la categoria di rango
immediatamente inferiore è l’era».
Alla fine, Dio agisce. Dopo avere sospirato – quasi a voler sottolineare risolutezza o rassegnazione
– il Creatore digita il Comando Terminale. Cancella. Il che cambia le carte in tavola. L’universo, a
questo punto, non è mai esistito. E forse nemmeno noi.

La struttura del mini-racconto

Questo mini-racconto – che fra l’altro sembra non avere un titolo – si caratterizza per l’andamento
narrativo incalzante, secco ed essenziale. I pochi periodi presenti vengono assemblati secondo una
modalità per lo più paratattica: accostando, cioè, frasi aventi la medesima importanza sintattica.
Sono tutte principali. E contengono il minimo indispensabile. Non vi è traccia di subordinazione. Il
che, oltre a dare un ritmo tutto sommato meccanico alle azioni della divinità, trasmette anche
un’idea di freddezza.
Dio viene presentato, insomma, come un tecnico informatico impegnato nel suo lavoro, per il quale
non sembra provare grande passione. L’unica concessione alle emozioni, ai sentimenti, è quel
sospirò piazzato lì con simulata noncuranza.
Anche distruggere è una seccatura.

 

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