“Benevolenza cosmica” – Fabio Bacà


Voto: 5 stelle / 5

Fabio Bacà è l’esordiente più chiacchierato del 2019, per almeno due motivi: il primo è che fa rumore – e probabilmente anche invidia – il suo battesimo in Adelphi con il romanzo “Benevolenza cosmica”. Come ricordato dal vicesindaco di Teramo Maria Cristina Marroni sul quotidiano abruzzese “La Città”, è il primo teramano (adottivo) a “entrare in un pantheon nel quale siedono gli abruzzesi Ennio Flaiano e Benedetto Croce”, per non parlare dell’esordio di Aldo Busi, sempre avvenuto in Adelphi 35 anni fa.

Il secondo motivo è che l’autore, nato nel 1972 a San Benedetto del Tronto e a lungo residente ad Alba Adriatica (Te), è difficile da reperire. Refrattario ai social network e limitatamente disponibile alle presentazioni per motivi di lavoro, ha finito per creare un personaggio vecchio stile, ossia tanto interessante quanto poco mediaticamente esposto. Questo risultato, in un momento storico in cui l’esposizione mediatica vuole sembrare fondamentale per avere successo nel mercato editoriale, lo rende in tutta la sua eccezionalità molto vicino al suo protagonista.

Di Fabio Bacà abbiamo recensito anche “Nova“.

La trama di “Benevolenza cosmica”

copertina benevolenza cosmica

Kurt O’Reilly è un appassionato di statistica e non riesce a mandare giù quello che gli sta accadendo da circa tre mesi: non solo non sembrano che capitargli cose eccezionalmente buone, ma le cose buone che gli capitano provengono da fatti statisticamente improbabili. Questo dettaglio lo manda fuori di testa, così inizia a cercare una soluzione per quello che solo a lui appare un problema.


La recensione

Colpisce subito lo stile scelto dall’autore, ricco, rocambolesco e ricercato. Un viaggio che procede da una perifrasi all’altra, improvvisando piccoli inseguimenti nei labirinti linguistici costruiti per gioco e con autoironia. Bacà chiede al lettore confidenza e con gratitudine gli dà fiducia: lo sfida a immaginare una “bolla prossemica” o un’ “onda sismica di folla”, poi lo sprona a seguirlo come se fosse un nastro da ginnastica che si srotola sulla musica di Tschaikowsky. Il bello è che il gioco riesce, riesce sempre. In nome di questa complicità tra autore e lettore si arriva con leggerezza fino al finale, che nella sua semplicità e al contempo eccezionalità ripaga, secondo me, di qualsiasi eventuale dubbio possa aver fatto capolino nel frattempo.

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