“Tempo grande” – Gian Luigi Piccioli


Voto: / 5

Il giornalista culturale Simone Gambacorta ha curato la riedizione di “Tempo grande” di Gian Luigi Piccioli. Pubblicato la prima volta da Rusconi nel 1984, il romanzo esce nel 2018 grazie alla casa editrice abruzzese Galaad.


presentazione del libro "tempo grande"

Foto gentilmente concessa da Alessio Romano

Trama di “Tempo grande”

Il regista televisivo Marco Apudruen e lo scrittore Gigi Insolera lavorano in uno studio televisivo che compra, vende e trasmette immagini in tempo reale. Più gli eventi sono cruenti, più sono ritenuti adatti al mercato televisivo. Tra i due si inserisce Marianna Estensi, ideale Rossana contesa tra il corporeo Cristiano e il mentale Cyrano.

Recensione

copertina tempo grandePerché il tempo di Gian Luigi Piccioli è grande? «Perché siamo noi a scegliere come e quanto dilatare il nostro tempo personale». Questa è solo una delle risposte che si è dato Simone Gambacorta nel riflettere sul romanzo che lui stesso ha proposto alla Galaad, in una illuminata operazione divulgativa di un autore sperimentale e audace. Gambacorta ha condiviso con noi le sue riflessioni in occasione della presentazione del suo libro a Pescara, presso la scuola di scrittura “Macondo – L’officina delle idee”, lo scorso 8 giugno.

Le dinamiche descritte da Piccioli trentacinque anni fa in questo romanzo visionario – l’invadenza dell’effetto speciale, la mancanza degli scrupoli, l’assuefazione alla menzogna – sono oggi realtà, tanto da far apparire il suo un romanzo distopico e far sentire noi i suoi protagonisti sottintesi, un po’ come ne “La storia infinita” di Michael Ende.

Il punto di forza di questo libro è nello stile: aulico, ricco, assolutamente personale. Alla narrazione onnisciente in terza persona si innestano flussi di coscienza e di vista, quasi a testimoniare profeticamente una possibile degenerazione della commistione fra reale e fiction. Nelle descrizioni, magiche e di alto livello, la città di Roma si staglia affusolata sulle esistenze. Interessante il personaggio di Marianna, precursore, forse, di una femminilità che necessita di liberarsi dell’apparenza per essere riconosciuta nella sostanza.

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