“Il resto di niente” – Enzo Striano


Voto: / 5

“Il resto di niente” viene pubblicato nel 1986, pochi mesi prima della morte dell’autore Enzo Striano. Il romanzo era già pronto dal 1983, ma diverse case editrici ne rifiutarono la pubblicazione che viene resa possibile dall’editore scolastico Loffredo, con cui Striano aveva già pubblicato varie antologie.

È proprio grazie alla scuola che io conosco questo libro, ma solo oggi, dopo più di vent’anni, lo capisco e lo apprezzo.

Dal 2005 il romanzo è un Oscar Mondadori.


copertina il resto di nienteTrama Il resto di niente

Siamo nella seconda metà del Settecento, Eleonora de Fonseca Pimentel, nobile portoghese, è poco più che una bambina quando deve lasciare Ripetta, cittadina vicino Roma dove vive con la sua famiglia, a causa di un editto dello Stato Pontificio che obbliga tutti i cittadini portoghesi a lasciare il Regno. Lenòr, questo il nomignolo della protagonista, si trasferisce a Napoli, le basta poco per capire che sarà legata a quella città per il resto della vita: non sono solo le bellezze paesaggistiche a incantarla, quanto il modo di fare dei napoletani che campano facendo i mestieri più strani e inverosimili.

Inizia a frequentare i salotti culturali, nei quali inizia a recitare i versi delle sue poesie e sugella la sua amicizia con Vincenzo Sanges, che diviene presto il suo più grande confidente e con Luigi Primicerio, il primo amore che però non decolla, non subito.

Arriva il 1789 e gli ideali della Rivoluzione francese riecheggiano fino a Napoli: libertà, fratellanza e uguaglianza non sembrano più ideali così lontani per un popolo flagellato dalla povertà e dalla sottomissione a nobili ed ecclesiastici, e soprattutto dall’ignoranza con cui queste due classi lo tengono in pugno. Sarà proprio l’ignoranza a perpetuare la schiavitù di questo popolo che non sa che farsene della libertà, non conosce le regole per gestirla e trarne beneficio. Il re è per loro come un padre, come Dio, si prende cura dei suoi figli: a loro basta quel poco che ricevono, non hanno idea di aver diritto a molto, molto di più.

Lenòr cerca di istruire la sua domestica, Graziella, prostituta fin da bambina, vorrebbe insegnarle a leggere e a scrivere, ma lei molto semplicemente le risponde “E perché?”.

Tutti i suoi buoni propositi di sovvertire quel sistema si rivelano inutili: il popolo non esita a rinnovare il suo consenso a re Ferdinando anche quando rientra a Napoli dopo essere fuggito a Palermo prima dell’arrivo dei francesi, i quali abbandonano il loro tentativo di liberare Napoli quando scoprono che il re, prima di fuggire, ha pensato bene di svuotare le casse del Regno.

 

Recensione

Provo una grande amarezza da quando, due giorni fa, ho finito questo romanzo, che mi ha lasciato la sensazione di aver perso un’amica, di non avere più come riferimento l’esempio di una donna che, con semplicità, ha provato a fare grandi cose. Il suo nome risuona forte nella storia dopo oltre due secoli dalla proclamazione della breve Repubblica Napoletana, il suo coraggio, quello che lei ha sempre messo in discussione, è per me, dopo aver letto la sua storia, una luce a cui non posso che fare riferimento in tempi ostili come questi. Lascia anche una speranza, ed è la consapevolezza che ogni tempo buio ha delle personalità che fanno da “faro” alla giustizia, al buon senso e quindi a quella libertà, a quell’uguaglianza e a quella fratellanza per le quali tanto sangue è stato versato, non del tutto invano.

 

Adelaide Landi

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