“Leone” – Paola Mastrocola


Voto: 5 stelle / 5

Paola Mastrocola torna con le sue storie adorabili e lo fa con Einaudi. “Leone” è del 2018 e parla di un bambino che prega. Della stessa autrice abbiamo recensito anche “L’amore prima di noi” e “La memoria del cielo“.

Avrebbe voluto parlarle per bene, loro due tranquilli, magari seduti in salotto. (…) un salotto che galleggia, che sembra posato in mezzo al mare. E loro due seduti lì tranquilli, e azzurri, come la luce quando scende di sera sul mare e diventa tutto azzurro, anche le strade, anche le case. E lui che glielo piega, a sua madre, cos’è pregare.

La trama di Leone

Più esattamente, Leone è un bambino della scuola primaria che come tutti i bambini ha una fissa. La sua è semplicemente un po’ più ingombrante: quando gli preme qualcosa o ha un desiderio da esprimere, lui si inginocchia e prega. La scena, di norma, imbarazza chi gli è intorno e in particolare modo la madre. Come proteggere un bambino così speciale? E da dove gli viene quell’abitudine?

 

Il punto

Copertina libro di Paola Mastrocola "Leone"Con il suo garbo consueto, Paola Mastrocola ci immerge nelle scene a tinte pastello della vita famigliare di Leone e della sua mamma. Con una semplicità disarmante ci permette di vedere le cose dal punto di vista del bambino e ci illumina su quanto complicati possiamo essere noi adulti. Grazie allo spostamento dei punti di vista veniamo coinvolti e inteneriti dal racconto, che mano a mano acquista sempre di più la dimensione di fiaba.

Anche in “Leone” troviamo il consueto personaggio “marziano” della Mastrocola: diversi, asincroni rispetto alla loro contemporaneità, ma con una diversità che è sempre una ricchezza e costa sì l’esclusione, ma permette di guadagnare in libertà di pensiero. «Noi abbiamo tutti degli occhiali con un filtro che ci fa sopportare la vita. Ad alcuni, questo filtro lo tolgono – commenta Paola Mastrocola in una lunga intervista rilasciata a Marcello Nicodemo per L’Officina Letteraria – A volte i miei personaggi si accorgono addirittura di essere “gettati” in una vita non loro, ma fanno in tempo a cambiarla, perché a me piacerebbe che ognuno di noi sapesse di essere nella vita giusta».

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