“Tragedie in due battute” – Achille Campanile


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Le Tragedie in due battute di Achille Campanile si risolvono nel brevissimo volgere di poche battute. Due, nella maggioranza dei casi. Siamo davanti a un teatro apparente, non rappresentabile perché puramente verbale, giocato sulla manipolazione del linguaggio. L’autore svuota le parole del loro significato originario e le riduce a gusci vuoti che può riempire con ciò che ritiene più opportuno.

Prendiamone due come esempio.

La prima s’intitola Capriccio:

 

Personaggi:

IL PICCINO

SUO PADRE

 

IL PICCINO

Papà, io non ho mai ammazzato nessuno. Potrei ammazzare il signor Giuseppe?

IL PADRE

Va bene, ma il signor Giuseppe soltanto

 

(Sipario)

 

Come si può vedere, l’autore mantiene l’ossatura di un’opera teatrale tradizionale. Sulla scena virtuale, due soli personaggi. Non ne conosciamo il nome, bensì il ruolo da loro svolto. Un padre e un figlio. Una tipica ambientazione familiare. I capricci del bambino riguardano però una cosa del tutto inconsueta: l’omicidio. Trattato con la massima naturalezza. Quando il piccolo chiede di poter ammazzare un generico signor Giuseppe, il genitore non batte ciglio. Per lui va bene: basta che non uccida nessun altro.

La seconda “tragedia” s’intitola Candore:

 

Personaggi:

LA PRIMA AMICA

LA SECONDA AMICA

 

La scena si svolge in una strada ai giorni nostri,verso sera. LA PRIMA e LA SECONDA AMICA, due ragazzette di campagna venute in città a servizio, sono scese a comperare il latte per le rispettive famiglie presso cui lavorano, si sono incontrate ed ora prima di risalire in casa, si sono fermate all’angolo a far quattro chiacchiere e a spettegolare sulle comuni amiche. Intorno la città si punteggia di luci.

 

LA PRIMA AMICA

Luisa si è fidanzata con un nullatenente.

LA SECONDA AMICA

Ahi, non mi fido dei militari.

 

(Sipario)

 

Anche qui i personaggi sono privi di nome. Di loro sappiamo soltanto che sono due domestiche e che si conoscono. L’ambientazione cambia: diventa più complessa e richiede qualche spiegazione in più, fornita poco prima delle due battute. Stavolta l’autore non gioca con la situazione, ma con le parole. Candore si risolve infatti con un bisticcio, o meglio un equivoco linguistico. La seconda amica, che sembra tutto fuorché una cima, male interpreta il termine utilizzato dalla prima, attribuendogli un significato diverso da quello abituale.

Il teatro liofilizzato di Achille Campanile punta proprio a questo: sorprendere il lettore con l’inaspettato. Prima lo inganna, introducendolo in una situazione apparentemente ordinaria e rassicurante. Quando lo vede tranquillo, cambia improvvisamente senso di marcia. La deviazione può riguardare la situazione, oppure il linguaggio. Non importa, poiché il risultato non cambia. E in sole due battute. O poco più.

 

Achille Campanile, Tragedie in due battute, Milano, Rizzoli, 1978.

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