“Saggio sulla lucidità” – José Saramago


Voto: 4 stelle / 5

“Saggio sulla lucidità” è un romanzo del 2004 scritto da José Saramago e pubblicato da Einaudi. È il seguito di “Cecità”, libro del 1995. Nel 1998 lo scrittore portoghese ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura. Dello stesso autore abbiamo recensito anche “Il racconto dell’isola sconosciuta”, “Memoriale del convento”, “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” e “Caino”.

Trama di Saggio sulla lucidità

Siamo in un tempo imprecisato, in una capitale imprecisata. Ci sono le elezioni nazionali e il colpo al cuore del governo è letale: più dell’80% dei votanti ha consegnato scheda bianca. La muta rivoluzione spaventa. È subito accerchiamento, punizione, caccia al capro espiatorio. I vertici del governo e delle forze dell’ordine lasciano il campo.

“Si imponeva, di conseguenza, l’adozione di uno stato di assedio sul serio, che non fosse tanto così per fare, ma con un bel coprifuoco, chiusura delle sale di spettacolo, pattugliamento intensivo delle strade da parte delle forze armate, proibizione di assembramenti con più di cinque persone, interdizione assoluta di entrare e uscire dalla città, procedendosi in simultaneo alla sospensione delle misure restrittive, peraltro molto meno rigorose, ancora in vigore nel resto del paese, così che la diversità di trattamento, in quanto ostensiva, rendesse più pesante ed esplicita l’umiliazione che si sarebbe inflitta alla capitale.”

A metà libro, se mai tutto quel bianco ci avesse lasciato dubbi, viene fuori il collegamento con il romanzo precedente: il luogo di ambientazione è lo stesso in cui, quattro anni prima, un gruppo di poche persone sopravvissero all’epidemia di cecità. E chissà che non siano collegate a questa nuova sorta di “peste bianca”.

Recensione

Forse un giorno mi abituerò a questo vizio che Saramago ha di scrivere romanzi che ne sembrano due: iniziano in un modo, poi hanno una virata brusca ed è come se cominciasse un’altra storia, collegata alla prima ma che non sempre ne sono il completamento. L’ho trovato particolarmente evidente per la prima volta ne “Le intermittenze della morte”, ma anche “L’uomo duplicato” non ne è privo. È una modalità che può creare un po’ di dispersione.

“Quelle parole, che probabilmente, così come si presentano, nessuno doveva aver pronunciato prima, quelle parole hanno avuto la fortuna di non perdersi l’un l’altra, hanno avuto qualcuno che le unisse, chissà se il mondo non sarebbe un po’ più decente se sapessimo come unire un certo numero di parole che vagano lì sciolte.”

Certo, parlare di dispersione mentre si scrive di Saramago fa un po’ sorridere. Il suo stile è sempre lo stesso, un fiume in cui le parole sono separate solo da virgole, pochissimi punti e zero virgolette. Il cinismo è sempre quello, l’ironia irrompe come di consueto sotto forma di frasi fatte in discorsi molto seri, la denuncia si nasconde tra tutti quegli incisi e le subordinate. Troviamo l’abuso di potere, la ricerca della verità, l’animalità di un governo strutturato. Un libro da prendere in considerazione per completare l’opera omnia dello scrittore.

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