Soppressioni e censure nei cartoni animati giapponesi

Una gestione disinvolta

La televisione italiana si è spesso distinta per una gestione eccessivamente disinvolta dei cartoni animati nipponici, attuando una politica che prevedeva deformazioni, mutilazioni, censure e quant’altro.

In almeno quattro casi gli adattatori hanno scelto di occidentalizzare i nomi dei protagonisti: Kiss me Licia (Andrea, Licia e Mirko suonano inconsueti per il Giappone), È quasi magia, Johnny (Johnny ci starebbe anche, ma Sabrina e Tinetta proprio no), Holly e Benji (mi sembrava strano che calciatori giapponesi avessero nomi dal retrogusto anglosassone come Mark Lenders, Benjamin Price e Oliver Hutton). Star Blazers (la nostra televisione ne ha acquistato l’adattamento americano, che ha cambiato anche il nome dell’astronave: da Yamato è passata ad Argo).

 

La cancellazione degli episodi

Molte serie si sono viste ridurre il numero degli episodi.

Hanno cominciato con i robottoni. Mazinga Zeta ne aveva ben 92, ma noi ne abbiamo visti soltanto 56. A Goldrake è andata meglio, perché gliene hanno soppressi appena tre: 15, 59 e 71. Getta Robot ha subito un trattamento particolare. Intanto lo hanno trasmesso sotto il titolo Space Robot. La trasmissione è stata interrotta a quota 39. Il seguito subisce un destino simile: titolo taroccato – Jet Robot anziché Getter Robot G – e soppressione di 13 episodi su 39, ma in ordine sparso (14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 26, 28, 29, 37, 38 e 39). Gaiking e Gackeen, rispettivamente di 44 e 39 episodi, vengono interrotti entrambi a quota 26. Con una differenza: per l’edizione in VHS e DVD, gli episodi rimanenti vengono dotati di un nuovo doppiaggio. Clamoroso il caso di Baldios. Gli episodi dovevano essere 39, ma i giapponesi si sono fermati a 34 per via degli ascolti molto bassi. Noi ne abbiamo trasmessi 32, riuscendo nella non facile impresa di interrompere una serie già interrotta di suo. Per completare la serie, la distribuzione italiana mette insieme un film di 117 minuti. Chiudiamo con God Sigma, fulgido esempio di insensatezza: la serie è stata sospesa… a due soli episodi dalla fine. E non si capisce il perché.

La scure italiana si è abbattuta pesantemente anche su una serie sentimentale intitolata Piccoli problemi di cuore. Gli episodi sono 76, distribuiti in due stagioni, corrispondenti ad altrettante fasi narrative: la prima va da 1 a 49, la seconda da 50 a 76. questo per consentire al fumetto e alla serie animata di finire nello stesso momento. C’è solo un problema: noi – tanto per non smentirci – ci siamo fermati a quota 63. All’appello mancano 13 episodi, oltretutto fondamentali. Forse li hanno omessi perché in essi i due innamorati protagonisti della vicenda scoprono che potrebbero anche essere fratello e sorella (anche se poi non è così).

 

Le forbici della censura nei cartoni giapponesi

Numerose anche le censure, più o meno giustificate. Il caso più semplice è la rimozione di singole scene, ritenute inopportune in base a chissà quali criteri. Dal finale della saga di Sailor Moon sono state tolte le sequenze che mostravano la protagonista senza veli. Che ci può anche stare, se proprio vogliamo. Poi viene annacquato – per non dire cassato – il legame saffico che intercorre fra le due guerriere Sailor Neptuno e Sailor Uranus. Gli adattatori scelgono di presentarle come molto amiche. Anche se non è difficile intuire che fra le due c’è qualcosa di più.

Alla serie sentimentale conosciuta come È quasi magia Johnny, è stato applicato un trattamento particolare, oltre che intensivo. Intanto è stato cambiato il titolo, che in originale è Kimagure Orange Road (vale a dire Capricciosa Orange Road). Come accennato sopra, vengono occidentalizzati i nomi dei tre giovani protagonisti. Infine, risulta segata via una scena, che però si può vedere nella sigla. L’ambientazione è notturna. Lampione e relativa panchina. Johnny e Sabrina sono seduti. Effetto moviola. Lei chiude gli occhi, sorridendo appena. Appoggia il capo sulla spalla di lui, che non riesce a nascondere la propria emozione. Un gesto semplice, affettuoso. Proprio non si capisce cosa possa esservi di proibito o perturbante. In ogni caso, terminata la messa in onda, è stata curata l’edizione integrale in DVD e VHS dei 48 episodi, che si caratterizza per il proprio rigore filologico: ripristino di titolo e nomi originali, traduzione maggiormente accurata, recupero delle sequenze eliminate, nuovo doppiaggio.

 

Manipolazioni di trama e personaggi

Ci sono anche casi di spudorata manipolazione della trama attraverso operazioni di taglia cuci e incolla. Cito su tutti l’epilogo della serie dedicata al pugile Rocky Joe. Secondo la versione italiana, il protagonista arriva alla finale mondiale contro il campione in carica. Si batte come un leone, ma non basta. Perde, anche se a testa alta. Poi va a sedersi al suo angolo per riposarsi. Intanto che c’è, dichiara il proprio amore alla manager che ne ha seguito la carriera. Peccato che sia una bufala. Joe non sopravvive all’incontro. Muore in silenzio, dopo essersi seduto al suo angolo.

Non parliamo, poi, dell’Ape Magà. L’insetto, in realtà, si chiama Hutch ed è un maschio. Il nome “italiano” viene inventato per assonanza con la più famosa Ape Maia, della quale s’intende sfruttare il successo. In questo caso, però, Mediaset ha compiuto un’operazione di parziale rispetto filologico: ha ridoppiato la serie, restituendo a Magà il sesso maschile pur mantenendo il nome “sbagliato”.

Non siamo gli unici, però, a intervenire arbitrariamente sulla struttura di un cartone animato giapponese. Anche gli americani hanno fatto la loro parte. Nel 1982 Canale 5 trasmette l’anime robotico Golion, interrompendolo circa a metà. Quattro anni dopo, il circuito Odeon lo ripropone, ma nella versione americana. Il nome del robot viene cambiato in Voltron, la morte di uno dei piloti viene cancellata (fanno credere al pubblico che, in realtà, costui sia solo scomparso) e alla fine i cattivi riescono tutti a fuggire (in realtà, muoiono dal primo all’ultimo).

Per fortuna ora la nostra televisione sembra avere cambiato politica. I cartoni animati giapponesi vengono maggiormente rispettati dal punto di vista filologico. Speriamo continuino così.

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