“Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” – Luis Sepùlveda


Voto: / 5

“Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” (1996) è uno dei romanzi di più successo targati Sepùlveda, il compianto scrittore cileno che tanto aveva a cuore il rispetto dell’ambiente e degli animali. Nel racconto il protagonista è Zorba, un gatto nero che si prende cura di una gabbianella fino al giorno in cui imparerà a volare. Dello stesso autore abbiamo recensito “Il mondo alla fine del mondo“,  “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza” e “La fine della storia”.


Trama di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Kenga affida il suo uovo a Zorba, proprio mentre è sul punto di morire avvelenata dal petrolio.

Prima di volare via per sempre, strappa al gatto tre promesse che lui manterrà: non mangiare il suo uovo, proteggerlo e insegnare infine a volare al piccolo gabbiano che da esso nascerà.

Zorba chiederà aiuto ai suoi amici gatti, e la gabbianella verrà ‘battezzata’ col nome “Fortunata”. I gatti riusciranno a far emergere il desiderio di volare in Fortunata, la quale infatti crede di essere come loro ed è convinta che Zorba sia sua madre.

I gatti chiederanno aiuto ad un poeta, e alla fine del racconto Fortunata riuscirà ad aprire le sue piccole ali bianche, per diventare finalmente quello che era nata per essere: un gabbiano.

Recensione

Tramite il libro, Sepùlveda sembra voler trasmette codici etici e morali che spesso prendiamo poco in considerazione. Il messaggio subliminale che pare trasparire dal romanzo ruota attorno ad un concetto di amore molto particolare, ossia quello rivolto al diverso. Zorba ci insegna con le sue attenzioni alla gabbianella quanto sia legato a lei, un amore dolce e materno, che il piccolo gabbiano riesce a recepire come genuino e naturale. Sepùlveda sembra focalizzare la sua attenzione proprio su questo, criticando quanto facile sia invece adeguarsi a ciò che ci circonda e alle regole imposte. Zorba infatti si oppone al “protocollo” dei gatti, trattando la gabbianella come fosse il suo cucciolo naturale e infrangendo il tabù che impone alla sua specie di non parlare la lingua umana.

Nella sua semplicità il romanzo sembra quindi trasmettere dei messaggi molto complessi e originali, che sicuramente all’epoca erano molto controcorrente e apparivano come una novità. Il libro infatti non è paragonabile alle favole classiche di un tempo, dove la personificazione degli animali rappresentava di solito vizi e virtù degli uomini. Qui, al contrario, si mettono in risalto delle qualità che l’uomo spesso non ha, elevando a una statura morale più alta gli animali con la loro ingenua sensibilità.

Lo stile di scrittura di Sepùlveda è molto semplice, ed è spesso caratterizzato da descrizioni scarne e spicce…ma nonostante ciò il target di lettori resta molto ampio, grazie a soprattutto alle morali universali presenti all’interno del libro.

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