“Teresa degli oracoli” – Arianna Cecconi


Voto: 5 stelle / 5

Nonna Teresa ha perso la memoria, e si è abbandonata al silenzio e all’immobilità, nel grande letto che occupa il centro del salotto, nella casa del fico, la sua casa. Inizia così “Teresa degli oracoli” di Arianna Cecconi (Feltrinelli 2020). Si prendono cura di lei, con amore ed apprensione, le figlie Irene e Flora, la nipote Nina, la badante quechua, Pilar, la vecchia cugina Rusì. La vita si agita e fa rumore attorno a lei, inconsapevole e muto oracolo, che come la leggendaria Pizia, sembra destinata ad una vecchiaia eterna e implacabile.


Trama di Teresa degli oracoli

teresa-degli-oracoli-copertinaTeresa custodisce un segreto, ma non è l’unica. Ognuna delle donne a lei più care vive nel silenzio un dramma inconfessato, che scava nel passato e consuma il presente.

Pilar si affida alla sua forza di accettazione di una vita lacerata dalla separazione forzata dai suoi figli, dalla sua terra; Rusì, delusa e tradita, si rifugia nei precetti religiosi; Irene, l’abbandonata, si immerge nel lavoro, e attende una risposta dai sogni; Flora, la bella, cerca risposte nei suoi amati libri, ma non ascolta se stessa; Nina, giovane figlia di Irene, concepita dall’amore di una notte, nell’amore ha paura di credere.

L’imminenza della morte di Teresa le riunisce nella casa del fico, dove la convivenza dei pochi giorni, nei quali la vita di Teresa si spegnerà per sempre, imporrà un confronto, un difficile scambio emotivo, un’inevitabile retrospettiva esistenziale. Al centro di ogni storia, l’amore, in tutte le sua declinazioni, e la libertà di amare, prima che sia troppo tardi.

Recensione

Immerse in uno scenario “padano”, ritratto tra passato e presente, tra la realtà e l’immaginario della memoria, saturo di elementi naturali e simbolici ( la nebbia che si posa pesante e immobile, le cascine abbandonate, gli animali domestici, quelli selvatici, i bachi da seta condannati a non diventare farfalle, gli scheletri disseminati sull’aia, gli amuleti che penzolano sulla testiera del letto di Teresa, fotografie vecchie e nuove, conchiglie, un vaso di terra d’Africa…), le donne raccontano, ascoltano, esplodono in un’emotività di volta in volta soffocata, teatrale, sincera. La storia di Teresa, ripercorsa, analizzata, ricostruita e consegnata ad una nuova verità, farà da traccia alle loro storie, per quanto diverse, e nella sua disperata vicenda, illuminata brevemente da un amore vero e puro, leggeranno anche per se stesse una possibilità di riscatto e felicità.

La narrazione è suggestiva, densa di rimandi antropologici, coinvolgente nelle varie trame che a poco a poco si svelano; il ritmo lento, sospeso, solo apparentemente divagante. La morte, sembra suggerirci l’autrice, non è una tragedia, nel senso di un evento fulmineo ed eclatante: è scritta nel processo stesso dell’esistenza… ma talvolta si muore un po’alla volta per tutta la vita, attraverso un percorso lento, a tratti tortuoso e incomprensibile, ma soprattutto se ci si abbandona, se non si cerca un senso e si dice no all’amore solo per paura…

L’alternarsi dei punti di vista, lo scavo interiore, il perverso gioco della memoria, che tiene incatenate le donne ad un passato doloroso, compongono una struttura diegetica frammentaria e spezzata, in cui i fatti emotivi segnano e condizionano i destini individuali e famigliari. La scrittura è fluida, animata dalle emozioni, concentrata su quel particolare sguardo femminile che dà alle cose, agli affetti, ai riti della quotidianità uno spessore ed un significato denso e sfuggente allo stesso tempo.

Esmeralda

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