“Tutti i soldi di Almudena Gomez” – Valentina Di Cesare


Voto: 4 stelle / 5

“Tutti i soldi di Almudena Gomez” è il nuovo romanzo di Valentina Di Cesare, uscito per Alessandro Polidoro nel 2022. Di questa autrice abbiamo recensito anche “L’anno che Bartolo decise di morire”. Si ringrazia la casa editrice per la copia digitale ricevuta in omaggio. “Tutti i soldi di Almudena Gomez” è il nuovo romanzo di Valentina Di Cesare, uscito per Alessandro Polidoro nel 2022.

Trama di Tutti i soldi di Almudena Gomez

“Per qualche tempo nessuno aveva saputo la verità, e la verità è quella cosa che tutti vogliono sapere ma che pochi riescono a dire, perché dirla significa, il più delle volte, restare soli. Il giorno in cui ogni cosa cominciò a venire a galla una nebbiolina violacea tempestava i vetri e il cielo ma, secondo il meteo, non era prevista pioggia. Era giugno, lo stesso mese in cui era arrivata in Italia quasi vent’anni prima.”

Questo incipit molto significativo dà inizio a una storia di pregiudizi, reticenze e cattiverie, ma allo stesso tempo di semplicità, solitudini e nostalgia. Almudena è una ragazza dell’Ecuador che a Milano condivide l’appartamento con una giovane di Capoverde e per quindici anni ha lavorato come badante per la signora Cols. Restare senza lavoro la fa diventare un capro espiatorio quando i figli Cols si ritrovano ad affrontare un segreto di famiglia.

Recensione

Come sottolineato in occasione della presentazione sul gruppo privato “Billy, il vizio di leggere”, condotta da Angelo Di Liberto, “Tutti i soldi di Almudena Gomez” è un libro che dà voce agli invisibili. Almudena è una donna silenziosa, che trova non necessario parlare neanche quando ha qualcosa da dire. Sembra essere paziente e inscalfibile come una montagna.

“«Almudena, un giorno mi spiegherai cosa si nasconde dietro al tuo silenzio sempre accondiscendente»”

La quieta simbiosi con la signora Cols si traduce in lunghi monologhi da parte della vecchina, che molto ricordano la nostalgica empatia di Valentina Di Cesare verso le conversazioni con gli anziani. Dell’autrice sappiamo che è molto legata al suo paesino di provenienza, Castel di Ieri (un nome che sa già di favola), in provincia de L’Aquila. E quando leggiamo queste piccole lezioni di vita impartite dai suoi personaggi ce la immaginiamo bambina, con i capelli raccolti in due codine nere e il mento appoggiato sui palmi delle mani, in ascolto assorto.

Le parole sembrano aria, pare voglia dirci l’autrice, ma alla fine sono la cosa più importante che le persone ci possono lasciare e che ci fa sentire forte la loro presenza. Non un oggetto, non un grammofono o una stola di pelliccia: le parole sono l’eredità più importante della signora Cols, il più duraturo. Anche se lei esce di scena praticamente già nelle prime righe del libro, è un personaggio vivo e generoso.

“Le persone erano convinte di aver compreso cosa si celasse dietro ai suoi occhi e dentro il suo cuore, tutti credevano di conoscere il modo più opportuno per farla felice o per offenderla, tutti sapevano come trattarla, cosa dirle o non dirle, cosa fare o non fare. Si basavano su quel che era sempre stata. Lei non mente mai – dicevano – è buona, è corretta, non risponde mai male, è docile, remissiva, si accontenta, innocua, a lei basta poco”

Il titolo

Sì, ma, direte voi: dove sono i famosi “tutti i soldi” citati nel titolo? Qui ritroviamo la tecnica di Valentina Di Cesare già caratterizzante “L’anno che Bartolo decise di morire”: puntare l’attenzione su un evento che rimane al margine, come se fosse (e di fatto, lo è) molto più interessante restare a guardare la risposta del mondo a questo evento. È un po’ lo stesso movimento di “Bartleby lo scrivano” di Herman Melville, dove un semplice “preferirei di no” scatena il panico intorno al protagonista. Tutti diventano insofferenti all’immobilità di Bartleby: lo scrivano è il sassolino nella scarpa che ognuno vuole togliere.

Allo stesso modo, Almudena compie poche azioni, di cui nessuna è straordinaria, è pacifica, eppure nessuno può credere che bastino le apparenze. Anzi, la stessa storia raccontata ci dimostra che le apparenze non bastano, bisogna guardare una seconda volta. Eppure, a quanto pare, qualche volta basta la prima.

“Lei sapeva che essere sottovalutati è fondamentale”

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