“Tutto il resto è solo rumore” – Vincenzo Di Giacomo

Trama


Voto: / 5

Il romanzo, autopubblicato nel 2014, ha due scenografie mozzafiato: Firenze e Procida. È la storia di Luisa e Gianni, nonni di Gabriele, uno studente universitario dei giorni nostri. La coppia racconta al nipote, ognuno offrendo il suo punto di vista, la storia di una parte della loro giovinezza, quella in cui i loro destini hanno incrociato quello di Margherita, una ragazza sordomuta che i due ragazzi hanno conosciuto a Procida, dove vivevano i nonni di Luisa.copertina tutto il resto è solo rumore

Recensione Tutto il resto è solo rumore

Il romanzo è scritto bene, in maniera molto semplice, si legge facilmente e volentieri.

Contiene un messaggio bellissimo che riguarda una realtà di cui si parla molto poco, ovvero il mondo dei sordomuti. Impariamo in questo romanzo che il mutismo è legato al non sentire, ma sono due menomazioni che possono interrompere il loro percorso parallelo grazie alla terapia logopedica, e così, persone non udenti possono imparare a esprimersi normalmente.

L’autore ci offre un resoconto storico di come venivano trattati i sordomuti nel dopoguerra: veniamo a conoscenza di maltrattamenti, riduzioni in schiavitù, abusi sessuali compiuti su persone che non avevano nessun mezzo per comunicare, nemmeno per iscritto, essendo esclusi anche dalle scuole.

Ho capito che le menomazioni non sono tali per chi le vive, ma fanno paura a chi ha che fare con persone con handicap e deve stravolgere le proprie abitudini per poter interagire con loro. Così per anni si è scelta la strada più comoda, quella che sembrava ovvia dopo un’analisi affrettata e superficiale.

Belle e suggestive le descrizioni sia di Procida che di Firenze, oltre a conoscerle molto bene, sembra che per l’autore siano posti molto cari.

Ho apprezzato molto il racconto della commozione, che diventa malessere, della nonna di Gabriele, quando apprende tutta la verità sulla vita di Margherita, “il rigurgito della memoria” è, senza dubbio, la parte del libro che ho preferito.

C’è, a mio parere, una grande pecca nella scelta del narratore che rende il racconto lontano, finto e fa percepire note stonate durante la lettura del romanzo.

La storia è un racconto di fatti accaduti cinquant’anni prima, andava perciò evitata la terza persona. Se Gabriele, a cui è rivolto il racconto, fosse stato il narratore in prima persona, avrei sentito il romanzo più autentico, più vero. Nonostante la linearità del linguaggio, il parlare di Gabriele in terza persona, rende il racconto a volte poco chiaro.

Consigliato a chi ama ascoltare i racconti di famiglia

 

Adelaide Landi

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