“I fratelli Karamazov” – Fedor Dostoevskij


Voto: / 5

Il romanzo “I fratelli Karamazov”, non può essere definito semplicemente tale: chi lo legge legge un trattato di filosofia, di religione e solo a metà del libro ha una vicenda che ruota intorno all’amore di due uomini per la stessa donna che ha dell’inverosimile.

Pubblicato per la prima volta nel 1879, la prima edizione italiana risale al 1901. Noi abbiamo letto l’edizione Feltrinelli 2014.


Trama de I fratelli Karamazov

karamazov-copertinaIl romanzo si apre con la descrizione dei Karamazov, padre e tre figli, e delle loro vicende.

Fedor Pavlovic è un uomo meschino, un depravato che ha costruito le sue ricchezze grazie alle due mogli, che dopo l’abbandono della prima e la morte della seconda si improvvisa usuraio per preservarle.

Dalla prima moglie ha Dmitrij, ma questa, a seguito delle continue liti con il marito, abbandona lui e il piccolo Mitja. Dal secondo matrimonio nascono Ivan e Aleksej, ma la donna muore quando il piccolo Alesa non ha ancora compiuto quattro anni. Fedor Pavlovic si disinteressa completamente di tutti e tre i figli.

Sono tre giovani uomini quando Karamazov padre perde la testa per la donna che vorrebbe diventi la sua terza moglie, la giovane Grusenka, di cui, però, si invaghisce perdutamente anche il suo primogenito Dmitrij.

Quando Fedor Pavlovic viene trovato morto nella sua camera con il cranio fracassato, Dmitrij sembra essere l’assassino perfetto, l’odio verso il padre era cosa risaputa e lui stesso non ha mai perso occasione per esternare il suo disprezzo per l’uomo che lo ha generato.

Ma è tutto davvero così semplice come sembra?

Recensione

Dostoevskij riesce ad entrare con veemenza e grazia nell’animo umano per metterlo a nudo, è sorprendente come queste pagine scritte più di un secolo fa siano capaci di sconvolgere. Affermo, senza alcun imbarazzo, di non essere più la stessa di prima dopo aver letto questo capolavoro.

I fratelli Karamazov è l’ultima opera scritta dall’autore russo e, pur non avendo letto nessun’altra sua opera (rimedierò quanto prima), si percepisce la maturità umana prima che artistica dell’ “investigatore”.

L’opera ha una trama scorrevole nella parte iniziale, quando si introducono i personaggi e le loro vicende, poi subentrano pagine molto impegnative.

La difficoltà nel seguire l’opera in questa prima parte, quando si susseguono dialoghi e introspezioni soprattutto tra Alesa e lo starec Zosima, il suo padre spirituale, è legata, come sottolinea la traduttrice nella postfazione, all’osticità della lingua. E’ una sensazione che ho percepito durante la lettura, ho avuto più volte la sensazione, che una parola non mi facesse capire fino in fondo quello che l’autore cercava di dire, che non fosse la parola giusta, la sensazione che solo conoscendo il russo e leggendo l’opera in lingua originale avrei potuto capire fino in fondo quel concetto.

Ciò che Dostoevskij cercava di dire sfugge anche per altri motivi. Nell’opera ci sono numerosi riferimenti alla cultura russa, così lontana e diversa da quella occidentale, che rendono difficoltoso al lettore mettersi nei panni di quei personaggi che pur sente così vicini. Numerosi sono i riferimenti alla letteratura che lo ha ispirato, riferimenti che pur se non compresi a pieno, danno al lettore la preziosa informazione riguardo l’umiltà di un autore diventato immortale, grazie anche a questa sua qualità.

I sette vizi capitali

La figura di Alesa, l’ultimo dei tre fratelli, è, in un certo senso, il fulcro della storia. Alesa è il mediatore di ogni controversia, questo giovane monaco sembra un angelo in casa Karamazov, egli è chiamato a portare e mantenere la bellezza lì dove Fedor Pavlovic semina odio, egoismo e depravazione.

Il termine usato in questa edizione Feltrinelli 2014, tradotta da Serena Prina, per definire il comportamento di Fedor Pavlovic, è “lussurioso”. Non è un termine scelto a caso: era doveroso richiamare il peccato capitale a cui Karamazov padre si abbandona abitudinariamente.

Sembra strano che i figli di quest’uomo, che è stato coniuge ma mai marito, genitore ma mai padre, siano tra loro così legati: ma forse è questo l’unico merito che, con fatica e un po’ di forzatura, gli si può riconoscere. Il suo disinteresse, il suo non amore per i tre figli li unisce nella loro solitudine, nel loro bisogno di amore che compensano l’uno con l’altro, la mancanza della figura materna fa il resto.

Occorre spendere qualche parola a proposito del lacchè Smerdjakov. Per brevità, non l’ho neppure citato

karamazov-film-2008

Una scena del film di Petr Zelenka su I Fratelli Karamazov (2008)

nell’esporre la trama, ma se leggerete l’opera, come spero farete, capirete quanto sia talmente importante questo personaggio, che lo si potrebbe definire quasi un protagonista. Smerdjakov potrebbe essere un figlio illegittimo di Fedor Pavlovic, l’autore non lo afferma con certezza ma insinua nel lettore l’ipotesi, che si fa sempre più forza più si va avanti nella lettura. Come si suol dire: “Vox populi, vox Dei”.

Smerdjakov rappresenta l’invidia, la rabbia per non vedere riconosciuto quanto gli spetta, come per Dmitrij, infuriato con il padre che gli ha portato via l’eredità materna, infrangendo il suo sogno d’amore con Grusenka.

L’apice

Le pagine del processo a Dmitrij sono senza dubbio tra le più belle che siano mai state scritte, le arringhe del procuratore e, ancor di più secondo me, quelle dell’avvocato che difende Mitja meritano di essere lette e rilette per ricordarsi di quanta bellezza esiste, magari quando le nostre vicende personali ci portano a metterlo in dubbio. Leggendole e ripensando a quelle parole sorrido immaginando quanto sarebbe stato bello far parte di quella platea che si infiamma nell’aula di quel tribunale.

Faccio un’ultima riflessione sulla copertina scelta per questa edizione: io possiedo l’ebook, quindi non posso gustare i colori, ma ho visto su internet che presenta uno sfondo rosso, forse l’unico colore possibile per l’opera, a richiamare non il rosso del sangue quanto la passione che anima tutti i Karamazov. L’immagine di queste tre figure a cavallo fa riflettere sui ruoli dei protagonisti. Davanti potrebbe esserci Alesa, il buono, l’imparziale, l’anima pura e immune da ogni bruttezza, ma non è così chiaro se sia lui a tenere l’equino per le briglie. Al centro c’è Dmitrij, che fatica a reggersi, è sorretto dai due fratelli. Ivan è l’ultimo, dietro ai due, è il più debole dei tre, sembra che stia per cadere, ma Alesa con la sua forza dolce doma il cavallo impedendogli in qualche modo di cadere. Il cavallo potrebbe essere il padre dei ragazzi, li sostiene in un equilibrio molto instabile, che però li tiene uniti.

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