Il Silenzio degli Innocenti – Thomas Harris


Voto: 5 stelle / 5

A molti lettori è capitato spesso di vedere romanzi perfetti trasformarsi in disastri cinematografici, così trascurati e semplificati da stroncarne l’immagine per gli anni a venire. Ogni tanto, però, avviene un processo completamente contrario, difficile se non impossibile da spiegare con lucidità. Talvolta, un’opera scritta sembra prendere vita sul grande schermo, incarnata da volti che da quel momento in poi ne rappresenteranno per sempre l’essenza più profonda.

Uno dei casi più clamorosi degli ultimi decenni è stato “Il Silenzio degli Innocenti”, pubblicato da Thomas Harris nel 1988, e diventato tre anni dopo, grazie alle sapienti mani del regista Jonathan Demme, uno straordinario esponente della settima arte.
Inutile girarci attorno, signori. Tutti noi ricordiamo il volto magnetico, disturbante e ossessivo di Antony Hopkins, l’uomo che ha donato ad Hannibal Lecter un’immortalità praticamente incancellabile. Bene, tutto quello che quel personaggio magnifico esprime con i suoi occhi, deriva, prima di ogni altra cosa, dal talento cristallino del suo creatore, che ne ha vergato le caratteristiche con eccezionale genialità.

Trama de Il silenzio degli innocenti

Clarice Starling è una promettente allieva dell’FBI. La sua preparazione unisce una serie di nutriti studi criminologici e legali ad un’abilità sopraffina con le armi da fuoco. In più, è determinata e ben consapevole delle proprie origini mediocri, fattore che le permette di mantenere i piedi sempre ben saldi a terra. La sua vita e la concezione dell’essere umano cambiano quando dal suo superiore riceve l’ordine di interrogare il celebre Hannibal Lecter, pluriomicida, sociopatico e brillante psichiatra.

Il folle dottore, detenuto in una carcere di massima sicurezza, sembra l’unico in grado di fare luce sugli omicidi di un misterioso serial killer, denominato dalla stampa “Buffalo Bill”. Clarice, pur compromettendo in parte il suo rendimento all’accademia, si getta a capofitto nell’impresa, stringendo un legame di ambigua fiducia con lo psichiatra.
La narrazione de Il Silenzio degli Innocenti” si divide in tre grandi tronconi, che pur lambendosi per la maggior parte del tempo, trovano un vero punto di unione soltanto nel finale. Il filone principale è quello della giovane Clarice, alle prese con gli orrendi delitti commessi da “Buffalo Bill”.

Abbiamo poi le fugaci apparizioni del Dr. Hannibal Lecter, paragonabili per quantità ai celebri sedici minuti che valsero l’Oscar ad Anthony Hopkins. L’astuto piano ordito dal folle psichiatra rappresenta quasi un romanzo a sé stante, cui bisogna aggiungere, in un paio di ben note occasioni, i dialoghi magnifici condivisi con l’agente Starling. L’ultimo pezzetto della trama, invece, getta un occhio ben più che discreto sulla mente distorta di “Buffalo Bill”, sempre in bilico tra l’ordine e il caos.

Recensione

“Il Silenzio degli innocenti” è un thriller spasmodico ma subdolo, che non cerca di accattivare il lettore con una prosa enfatica ma racconta il tutto con una calma fredda e razionale. Nonostante le quasi cinquecento pagine di durata, l’ultima parola giungerà in fretta senza tergiversare, grazie ad una vicenda concepita bene e districata meglio. Impressionante è la mole di dialoghi scientificamente accurati che l’autore confeziona, che pur non appesantendo la narrazione, conferiscono alla storia un alone di tangibile credibilità.

Assolutamente impeccabili i personaggi. Ognuno dei protagonisti abita un proprio mondo denso di sfaccettature, il cui accesso non sarà sempre semplicissimo. Troneggia, su tutti, ovviamente il Dr. Lecter, che però sorprenderebbe meno se attorno a lui non vorticassero personalità di eguale spessore.
La cura per i dettagli, in questo romanzo, si spreca letteralmente, andando ad arricchire anche scenari e personaggi secondari. In ogni pagina, in buona sostanza, troverete qualcosa che valga la pena approfondire.

“Il Silenzio degli Innocenti” è un’opera magistrale, che riscrive i canoni del Thriller psicologico rimuovendo il fumo in favore dell’arrosto. La descrizione lucida e accurata di una mente criminale, la progressione apparentemente fredda di crimini spaventosi ed un’attenzione al particolare quasi maniacale, trasformano il lavoro di Harris in un qualcosa che pur senza le immagini tratte dal cinema, riesce ad ammaliare ogni tipo di lettore.
Bisogna soltanto inspirare forte e cominciare. Conviene muoversi, però. La caccia è aperta, che lo vogliate o no.

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