“Delitto a Tokyo” è il nuovo romanzo di Keigo Higashino, tradotto da Stefano Lo Cigno per Piemme nel 2023.
Di Keigo Higashino abbiamo recensito anche “L’impeccabile“.
Premessa
Estimatori di Matsumoto Seichō ne abbiamo? Bene, se amate il suo stile e i suoi thriller potreste amare anche Keigo Higashino, dato che lui, per primo, è un estimatore del grande giallista nipponico. Lo ha dichiarato in Sotto il sole di mezzanotte e già in quel romanzo lo si capiva, in questo arriva lo stesso “spirito” di Matsumoto. Ecco, se non avete ancora conosciuto Higashino, vi consiglio di valutare di conoscerlo.
Trama di Delitto a Tokyo
Non vorrei dire troppo della trama, se non che anche in questo romanzo c’è un “cold case” che si ripercuote su un altro delitto, ma viene presto risolto; la vittima è un avvocato di Tokyo.
Oltre non mi spingo, e consiglio anche a voi di evitare di leggere la quarta di copertina o la trama in Goodreads o ovunque possiate trovarla. Ci sono dei dettagli che potrebbero crearvi quei dubbi bastevoli a farvi intuire lo sviluppo della storia. A me è capitato così; avrei potuto, chissà, intuirlo lo stesso, però quello che avevo letto della storia mi aveva sollevato sospetti corretti troppo presto.
Questo non significa che l’architettura del romanzo mostri dei buchi di trama, proprio il contrario; la struttura è ben congegnata, complessa, piena di suspense e di colpi di scena, un puzzle – tra passato e presente – che prende forma un pezzo dopo l’altro. Il classico giallo, insomma, che tiene incollati alle pagine e che si legge rapidamente per la curiosità di capire cosa è realmente successo trent’anni fa. Perché le confessioni spontanee del reo Kuraki non convincono né il figlio Kazuma né la figlia dell’avvocato ucciso, Mirei?
Recensione
Accennavo a Matsumoto perché il gioco di errori e di vendette mi ha ricordato un pochino “La ragazza del Kyūshū” e tutta quell’atmosfera di colpe dei padri che, in Giappone, ricadono irrimediabilmente sui figli e sulle famiglie, cambiando in modo tragico le loro vite, marchiati dalla società come se il reato non avesse un solo colpevole. In questa storia, poi, viene posta l’attenzione sui social e la tendenza alla gogna mediatica, ulteriore aggravante a carico di chi, di fatto, colpe non ne ha.
Tuttavia, il romanzo mostra anche che qualcuno può provare compassione per gli assassini. Detta così potrebbe suonare un tantino strana la cosa… Higashino riesce a caratterizzare così bene i personaggi del racconto, che non viene difficile capire perché anche i parenti delle vittime non riescano a provare rancore nei confronti dei colpevoli.
E’ la ricerca della verità il nucleo del romanzo, più che capire se Kuraki padre sia un pluriomicida oppure no. Mi è parso che l’autore volesse in qualche modo avanzare delle critiche sul sistema di indagine nipponico, oltre che su quello giudiziario, in cui pare che l’unico obiettivo di magistrati e avvocati sia rimediare la vittoria in tribunale, a scapito di tutto il resto. Infatti è molto interessante scoprire i dettagli sulla conduzione delle indagini preliminari, sulle strategie di difesa per evitare la pena capitale. O scoprire che un tempo, laggiù, anche i reati gravi come l’omicidio potevano cadere in prescrizione. Insomma, anche in questo suo giallo si entra nella società giapponese ed è quello che a me piace più di tutto in un certo filone di genere del Paese del sol levante.
Forse avrò coinvolto solo chi Higashino già lo conosce, ma non ha letto “Delitto a Tokyo”. Però, credetemi, io non lo avevo molto apprezzato con Sotto il sole di mezzanotte. Poi con la serie dedicata al Detective Galileo avevo iniziato a capire che è uno bravo. Qui ho trovato un giallo mozzafiato e veramente veramente bello. Lui, per me, è tra i migliori giappogiallisti.
Chiara Carnio