Carlo Verdone torna a parlare di ricordi aprendo alcune stanze della sua vita e ripercorrendo legami, episodi e disordini ne “La carezza della memoria” (Bompiani, febbraio 2021). Ringraziamo la casa editrice per la copia omaggio in digitale.
Trama de La carezza della memoria
Essere una persona comune, concetto che nell’immaginario collettivo ha un sapore insipido e rimanda all’idea di una scontata e grigia normalità, è invece una condizione di inestimabile valore, della quale ci si accorge solo quando viene meno. Esserlo porta con sé il vantaggio di potersi confondere tra la gente, sorseggiare un caffè al bar, viaggiare in treno o anche solo passeggiare sotto i portici di una qualsiasi città senza che il proprio spazio vitale venga continuamente invaso da una richiesta di condivisione.
“Viaggio sempre di più ma non riesco mai a vedere nulla. Perché appartengo alla gente, e ogni tre passi devo consegnarmi a tutti per una foto, un video- messaggio, una dedica, un abbraccio. È un privilegio ricevere tanto affetto, un regalo mai immaginato. Ma nello stesso tempo non riesco a godermi quasi nulla del luogo in cui mi trovo.”
Eppure ad un affetto così esternato, ad una considerazione così sentita, nessun personaggio di successo potrebbe e saprebbe rinunciare! Essi rappresentano il segno tangibile della passione con cui si consegna al mondo il proprio lavoro.
Recensione
Nel corso della lettura de “La carezza della memoria” di Carlo Verdone ho toccato con mano il suo talento, l’amore per il suo lavoro e il sapore a tratti aspro del successo. Come se per ottenerlo ci fosse una contropartita o un tributo da versare. E non importa l’impegno, il sacrificio, i denti tenuti stretti, i rospi ingoiati in un sol boccone, quando si entra così tanto nel cuore della gente, si paga il prezzo di non essere più una persona comune fino a perdere la libertà che ne deriverebbe.
Emergono il talento per la regia e la grande sensibilità che lo portano a cogliere moti d’animo ed espressioni sui volti della gente. Roma, le sue bische clandestine, le sue vie, le sue piazze, i suoi angoli sono un palcoscenico d’eccellenza, all’aperto, libero, ove chiunque, all’occorrenza, può entrare in scena senza copione e recitare improvvisandola, la sua parte.
Gli scritturati di spicco sono loro: “i coatti” con la romanità schietta, con le espressioni accese da vivacissimi colori, -“A bella cavalla… Se cerchi ’n fantino l’hai trovato” -, pittoreschi e inconfondibili nell’abbigliamento e nella gestualità con la quale sono soliti accompagnare le parole. Folclore di un popolo la cui “creatività” ha regalato al mondo battute memorabili!
“Gran parte di ciò che ha fatto ridere il pubblico lo devo a questi eroi del cazzeggio”
Ecco, è soprattutto così che Carlo Verdone ci ha strappato risate a crepapelle, talvolta sorrisi malinconici nonché qualche lacrima.
Dall’evolversi del racconto colpisce la coscienza umana del personaggio Verdone. Che emerge per esempio quando semplicemente cerca di curare una ferita o accarezzare un cuore prestando la sua presenza, pronunciando una parola, o anche solo scrivendo due righe. In questo modo riesce seppur per poco a dissipare il buio caduto su una vita, a dare una mano, o anche a portare alla luce una verità.
E infatti, non si sottrae al privilegio di regalare un po’ del suo tempo alla signora Stella, malata e custode di un segreto che le premeva sul petto.
“Noi dello spettacolo possiamo davvero lenire con poco i dolori di coloro che ci stimano o che ci mitizzano, a torto o a ragione. Abbiamo un grande potere e non sempre ne facciamo uso. Un po’ per mancanza di tempo, un po’ per superficialità, un po’ per indifferenza. O perché non ci frega nulla delle tragedie estranee al nostro mondo dorato.”
Nella lettura de “La carezza della memoria” ho dolcemente assaporato il lento viaggio nei ricordi, come una carezza, intenso, ricco di umanità, magnanimità e un sorriso velato di malinconia.
Malinconia scomposta in eteree particelle che sembrano avvolgere non solo il personaggio ma anche e soprattutto l’uomo accompagnandone i pensieri.
“I ricordi sono la prova del passaggio sulla terra. Evocati, dolci, impietosi, momenti di vita…Il ricordo è sempre un conforto, una certezza, l’illusione di una vita che continua, fatta di momenti in cui la quiete della memoria riesce ad ammorbidire anche quello che non vorresti ricordare, purificandolo dal dolore. Nessuno te lo può rubare, non può essere inquinato o manipolato. È il tuo film più vero, più autentico.”
I ricordi sono dunque il nostro film più autentico. Aprire la scatola delle vecchie fotografie può infatti risultare tanto amaro quanto dolce, con i loro frammenti di storie sopite ma mai dimenticate, lasciandosi cullare dalle onde emotive e gustando sulla pelle “La carezza della memoria”. Per citare un altro scrittore e un bellissimo film, “Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato” e noi siamo figli di esso.