No, il titolo non è sbagliato: “L’ebrezza di essere” è scritto proprio così, con una b sola, e ora vi spiego anche perché. È il nome del nuovo libro di poesie di Fabio Barone, pubblicato da PeQuod a gennaio 2024. Ringraziamo l’autore per la copia cartacea ricevuta in omaggio.
Di Fabio Barone abbiamo recensito anche “Il giuramento sulla città”.
Cos’è L’ebrezza di essere
Riparto dal titolo: non c’è nessuna trasgressione particolare, “ebrezza” è una parola che esiste, elegante e snella, nella nostra bella lingua italiana. Lo so, può dare fastidio agli abitudinari, ma anche incuriosire i provocatori.
Eppure Fabio Barone, semplicemente, cosa vuole fare? Abbraccia le parole in tutte le loro forme, si muove tra esigenze fonematiche e foniche, sviluppa con la sua consueta meraviglia un linguaggio che è insieme ricerca e sapore.
“come ciechi che parlando scoprono
la vista così è questa luce muta
che premendo profonde e confida in te”
Sfogliare “L’ebrezza di essere” è come sfogliare un fiore, o guardare il fuoco. C’è un mantello esterno, denominato “Sacrificio” (titolo che viene richiamato dalla copertina: chicca, questa, riservata agli appassionati di cinema); uno più interno, intitolato “Il dolore di nascere” e uno ulteriore, “Il mio cuore messo a nudo”. Al centro di tutto, a fare da stame o da fiamma, c’è la sezione “In dialogo con Pescara”, in cui ritroviamo il poeta osservatore de “Il giuramento sulla città” che esamina incontri, sguardi, colori.
Recensione
Lo sguardo con cui Fabio Barone sbirciava tra gli scorci di cemento nella raccolta precedente si allunga e distende come un’ombra pomeridiana. Anche il verso sembra stirarsi, sembra avere più da dire, da fissare, osservare. Guardare è un fiume e questi versi sono fatti per imporne lo scroscio.
“E la malinconia la accetto, è come
il sottobosco degli esseri poco devoti,
l’alterna metà di un respiro inadatto
a liberarsi in un giovane grido”
Le parti che ho preferito sono quelle che mettono a nudo il cuore. Qui, la parola va a rovistare tra i sentimenti, lasciandoci una tenerezza profonda e sempre lui, quel sentimento di stupore che solo un poeta può ispirare. La poesia “Una cosa umile come guardarti” fa innamorare già dal nome; nella sezione “Sacrificio” torna il concetto dell’obbedienza; e poi c’è la poesia che ha ispirato il titolo, nascosta come un indumento tra le pieghe delle lenzuola, un “Easter egg” che ci fa gridare “l’ho trovato!” (…ma non vi dico qual è, dovete trovarla voi).
“Innamorarsi è questo non esser più io,
anche se paura è come un argine
alto, robusto e fermo non può imporsi
a quel sentire che è fonte e apre e sgorga”
“L’ebrezza di essere” è uno di quei libricini che vanno lasciati sul comodino e aperti a caso ogni sera, perché anche se la sua è un’architettura molto precisa, la bellezza che ne scaturisce è guaritrice.