
“L’inverno della lepre nera” è il nuovo romanzo di Angela Tognolini, pubblicato da Bompiani nel 2024.
Angela Tognolini è alla sua seconda esperienza. Nel 2020 è nato il suo primo romanzo. Da allora, il tempo viene scandito dalla lepre nera.
Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale ricevuta in omaggio.
Trama de L’inverno della lepre nera
Due sono le voci narranti.
Nadia, una bambina di nove anni, e la madre Rosa, una madre vicina nello spazio ma nonostante la presenza continua, distante e lontana. Nadia non ha ricordi del padre, se non di quelle porte chiuse in ricordi sbiaditi. Partono insieme, Nadia e sua madre Rosa, per un lungo viaggio fino alla baita di Tone.
Tone è lo zio, che vive in simbiosi con la natura e i cicli vitali, lontano da tutto sulle vette di montagne innevate. È qui che Nadia impara a conoscere il freddo con i suoi bagliori, ode la maestosità della voce della montagna, ascolta leggende arcaiche, che corrono inarrestabili corse fino a far mutare le stagioni. Sarà proprio nell’aria sottile delle montagne e in mezzo alla neve alta che Nadia e Rosa dovranno trovare la forza per unire i loro corpi e sciogliere il freddo che distanzia i loro cuori i loro pensieri. Avrà inizio un lungo cammino lungo il sentiero della vita.
Recensione
Trecentoventi pagine schiacciate su un vecchio tablet, una lettura sacrificata da un freddo pdf, un arido schermo, non mi piace, lo schermo luminescente rallenta le sinapsi e mi impedisce di entrare in poesia con un romanzo, lo so, è un mio limite, un mio viaggio mentale in un oscuro e buio tunnel.
“L’ansia del cambiamento: “Dormì senza pensieri né sogni né paure o speranze, e intorno a lei la notte rimase nera e vuota come il fondo di un oceano troppo freddo per essere abitato”.
Trecentoventi pagine. Il romanzo stupendo, a volte stringe il cuore e sferza con verga maligna l’uomo. L’autrice lo descrive in maniera spicciola e ne dà una connotazione sommaria, lo definisce un romanzo sul rapporto difficile tra madre e figlia, sul rapporto con la montagna e la natura.
Ho trovato in queste righe, tra queste stupende righe, una realtà ben più profonda e pregna di metafore. Il romanzo affronta e attraversa enormi crepacci nel ghiaccio, echeggia in eco dove scivolano enormi e sorde valanghe. Sfiora la generazione anni ’70, ove la pseudo liberta, l’anti repressione femminile si ritorceva come una serpe nell’uso di droghe anticonformiste. Alcune storie d’amore sono solo apparentemente tali, in realtà sono relazioni pericolose ed estremamente nocive, proprio come una tossicodipendenza. Qui si annidano sopraffazioni, manipolazioni, violenze e abusi di potere, confusi e mascherati.
“Scesi in città una mattina di agosto, sulla corriera blu che andava dalla parte opposta rispetto al solito: non dal paese a casa, verso l’alto, ma dal paese in fuori, verso il basso. Avevo appena compiuto diciott’anni e, con la mia valigia comprata per l’occasione e le scarpe che portavo in chiesa la domenica, mi sentivo pronta a tutto. Eppure una voce silenziosa, nascosta dentro il mio petto, non faceva che gridare e non avrei saputo dire se fosse un suono di gioia o di spavento. Nelle tasche avevo un mazzetto di banconote dentro al portadocumenti in pelle di mio nonno, cinque caramelle al miele e il coltello da intaglio. Fuori ero seria e tranquilla, composta sul sedile. Dentro bruciavo”.
È una forma di legame simbiotico, ossessivo, paragonabile alla dipendenza da una sostanza: l’altro, come una droga, attiva un bisogno incontrollabile. Un senso di vuoto e disagio da “astinenza”, incapacità di controllare i propri pensieri e comportamenti.
Il bisogno dell’altro è tale che si instaurano relazioni dolorose, profondamente insoddisfacenti, in cui tutto si accetta e tutto si tollera pur di mantenere il legame.
Questo romanzo lo definirei uno spaccato di anni, dove l’anarchia era di pari passo con l’espressione libertaria, ma in realtà era la schiavitù liberata da pseudo tabù che si cercava in quegli anni… Ma forse, come ho già affermato poc’anzi, è solo un mio viaggio mentale, un oscuro buio tunnel. Il romanzo è stupendo, stringe il cuore e sferza con verga maligna l’uomo. Nelle righe mai banali, riaffiorano antichi saperi, tradizioni e metafore incalzanti che come favole di Fedro ci portano a vivere con animali e a riconoscerne la possenza. Grazie Angela Tognolini.