“L’uva e l’acciaio” – Camilla Ghedini


Voto: 5 stelle / 5

E pensare che credeva d’essere un baritono. Ecco la biografia romanzata di Daniele Barioni, Cavaliere della Repubblica Daniele Barioni, grande tenore di Copparo (Ferrara) acclamato nei teatri lirici di tutto il mondo dal secondo dopoguerra, scritta da Camilla Ghedini.


Trama di L’uva e l’acciaio

l_uva e l_acciaio- copertinaDavanti a lui tremava tutta Roma. I librettisti di Puccini lo avevano riservato al barone Scàrpia ed è un ruolo affidato a un baritono, mentre Daniele Barioni è stato un tenore apprezzato in tutto il mondo, nei trent’anni di carriera lirica di quello che oggi è un vitale quasi novantenne.

Al debutto nordamericano nel 1956, il pubblico del Met andò in visibilio ascoltando le arie della “Tosca” dalla voce potente e scura di un giovane sostituto del tenore ufficiale, ricorda la giornalista Camilla Ghedini nelle note biografiche che precedono il suo romanzo sulla vita artistica del cantante ferrarese: “L’uva e l’acciaio”, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice bolognese Ghedini (158 pagine, 15 euro l’edizione cartacea, 5.99 la versione eBook).

Merito della mamma

Si tratta di una biografia romanzata, del ragazzo timido e schivo della provincia ferrarese che mai avrebbe pensato, salendo sul treno per Milano, a 18 anni, con una valigia di cartone, che quel convoglio l’avrebbe condotto verso una vita di successi, di conquiste professionali straordinarie strappate con grande impegno e sempre nel rispetto leale dei valori.
Era stata la mamma, su suggerimento della maestra di lettere e di canto del paese, a mandarlo a studiare nella città lombarda, da quello che sarà il suo mentore: il cantante e maestro lirico Attilio Bordonali.
Pur consapevole di possedere una buona voce, che andava educata, il giovanotto credeva d’essere un baritono, ma Bordonali da talentuoso caratterista qual era stato sulle scene del bel canto, si rese conto
facilmente della possente estensione canora del tenorino emiliano.
Cinque anni e qualcosa più tardi, visto che Daniele dovette assolvere al servizio di leva sempre a Milano, si presentò al direttore del Teatro Nuovo meneghino, con tanta faccia tosta ma pure una certa
sicurezza dei propri mezzi vocali. Non aveva ottenuto lo straccio di un’audizione fino ad allora, ma Colombo colse al volo il suo potenziale e lo fece debuttare nella Cavalleria Rusticana, in una compagnia di
giovani cantanti.

Il tenore partito con una valigia di speranze

Nel ruolo di Turiddu, venne notato da Mr. Bing, patron del Metropolitan di New York, il tempio americano della lirica. Una “provvidenziale” influenza del tenore titolare valse nel 1956 al ventiseienne Barioni la sostituzione che lo lanciò nel mondo della lirica internazionale. Nell’introduzione, il presidente della Camera di Commercio di Ferrara, il copparese Paolo Govoni, lo descrive come un anziano di ricercata eleganza, cordiale e loquace, con la rara capacità di ipnotizzare l’interlocutore. Un uomo dai modi cortesi, d’altri tempi. Govoni aveva sentito parlare dai genitori del tenore partito con una valigia piena di speranze e che aveva ottenuto una fama mondiale. Erano orgogliosi di Barioni, maestro di canto e di vita e stimavano la famiglia contadina che aveva permesso al figlio di scalare un successo planetario e di attrarre l’attenzione sulla loro città. Era un ad un tempo un sogno è un simbolo di riscatto.

Un dialogo generazionale immaginario

Da un tenore all’altro, da un anziano a un giovane, è così che Camilla Ghedini ha voluto articolare la descrizione realistica e ammirata della carriera di un grande della lirica, immaginando un incontro tra due generazioni.
“Ma cosa mi è saltato in mente di conoscere Barioni?”, pensa Agostino, un aspirante tenore ventiseienne. Alla sua età Daniele aveva girato mezzo mondo, era stato scritturato al Met, veniva già considerato una stella.
“Chissà cosa si aspetta da me questo giovane?” Studia canto, prende lezioni private e vuole incontrarmi.

26 anni mi sembrano tanti per un artista gli esordi, ma il mondo di oggi non è il mio.

È quello che pensa il tenore affermato, nell’avvio del primo dei capitoli alternati che realizzano un dialogo intergenerazionale maestro-allievo.
Il giovane è ansioso di conoscere quale sia la linea che separa il successo dal fallimento, di sapere fin dove può arrivare il sogno e dove possa portare l’impegno. Il Maestro non ha una ricetta, a parte
l’esempio della sua vita, della sua famiglia, la via degli affetti e del sacrificio necessario per raggiungere un traguardo. Barioni è un pezzo del Made in Italy che viene apprezzato nel mondo, scrive Govoni. Ne è sintesi e attuazione, anche morale, perché l’economia non ha solo numeri, anche un’anima, la stessa per cui l’Italia continua ad essere percepita nel mondo come modello di gusto, design, qualità.
Il volume propone in appendice un’ampia galleria fotografica in bianconero della carriera del tenore.

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