“Madre ombra” – Matteo Porru


Voto: / 5

La narrativa sarda riserva delle graditissime sorprese dai tempi di Grazia Deledda. È l’isola dove scrivono e sulla quale hanno scritto grandi nomi della scrittura italiana contemporanea, da Pulixi ad Abate, dalla Pitzorno a Fois, per non citare pietre miliari come l’opera di Lawrence. Ed è, senza dubbio, l’isola con la più alta percentuale di premi Campiello pro capite: Niffoi, Agus, Murgia, Némus e Porru.

L’ultimo in elenco è un neo diciannovenne ma la sua penna, seppur giovanissima, è tutt’altro che acerba. La prova di questo è il suo terzo romanzo, “Madre ombra”, edito dai tipi de La Zattera nel giugno 2019. Un testo solido, ben costituito negli aspetti di intreccio e, cosa impressionante, nella resa emozionale, che si rivela una componente cardine dell’impianto narrativo.


Trama di Madre ombra

madre-ombra-copertinaMa veniamo alla storia. Nella Venezia del secondo dopoguerra, la vita di Lara, una Diotallevi (Diotalevi, nella storia, forse richiamando una sfumatura dialettale) sembra destinata a una perenne solitudine: la ragazza, cieca dalla nascita e orfana, non viene adottata e subisce le pesanti angherie dei suoi compagni di orfanotrofio, i “fratelli di ventura”. Solo uno di questi, di nome Riccardo, cerca di proteggerla. Le suore della Carità che gestiscono l’istituto sono anziane e caricaturate, tutte tranne la madre superiora Agata e la giovane Elsa, la più premurosa e presente nel complicato quotidiano di Lara.
Per i suoi ventuno anni, la giovane si regala la libertà che nessuno ha voluto darle e decide di uscire da quel mondo consueto. Grazie ai contatti delle suore, la ragazza viene accolta proprio da Riccardo, che è entrato in casa dei Zanetti Dal Farra Roncato, una delle famiglie più facoltose (e oscure) della Burano di allora. Ben presto, sebbene entusiasta della fuga dal suo passato, Lara realizza la fragilità del mondo che ha dentro e di quello che percepisce fuori: ai terribili scheletri della famiglia si unisce un rigurgito di ricordi e incubi. Lara, come da sinossi, “non è preparata a convivere con l’incertezza, quando si accorge che quel lato oscuro che tanto fuggiva è sempre rimasto attorno a lei e la perseguita. Alla ricerca di sé, scopre i retroscena, i segreti, i mali del mondo. E realizza di non aver mai vissuto davvero”. È bene non addentrarsi troppo nella trama di Madre ombra che, da metà romanzo in poi, si addensa tanto accuratamente da poter percepire, nelle ultime pagine, il vero e intimo senso del testo, racchiuso nel titolo stesso.

Recensione

Porru sottende una costante sinestesia che, oltre a perdurare per tutta la narrazione, ha il doppio effetto di peculiare resa dell’ambientazione e di comprensione e incomprensione della protagonista, che è il personaggio più complicato e amorfo del romanzo. Notevole l’attenzione al dettaglio, intensa ma mai eccessiva, dalla vecchia timorata della morte che prorompe in chiesa all’inizio del romanzo alla straziante descrizione di Alvise, il maggiordomo della famiglia Zanetti.

Un’attenta analisi del testo rivela diverse citazioni, esplicite o nascoste. Dal mito della caverna di Platone, sul quale sembra che il romanzo sia stato congegnato, all’ultimo verso della prima bucolica di Virgilio (“Maioresque cadunt altis de montibus umbrae” diventa “Onde di nebbia increspate digradavano giù dalle montagne”), fino all’idea, forse freudiana, di un preconscio sospeso che traspare nell’evanescente figura del nonno e nelle “ombre”, suo alter ego.
Madre ombra prende piede nel lettore con un crescendo di intensità che, giunta al suo Spannung più eclatante, chiude il romanzo, rilasciando il trasporto emotivo che si è arricchito fra le calli della città, capitolo dopo capitolo.

Gaia

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