“Ragazzi di vita” è un romanzo di Pier Paolo Pasolini pubblicato per la prima volta nel 1955 da Garzanti.
Trama
Il Riccetto, il Lenzetta, il Begalone e tanti altri ragazzi romani, figli delle periferie, della povertà, del degrado e del sottoproletariato si muovono dai loro quartieri periferici verso il centro, in cerca di una svolta. Pasolini dipinge con estrema maestria la Roma povera del dopoguerra e gli anni passeranno insieme ai protagonisti, che parlano l’unica lingua che conoscono: il romanesco.
Recensione Ragazzi di vita di Pasolini
Ho amato questo libro e lo ritengo uno dei maggiori romanzi del panorama letterario nostrano.
Il Riccetto è un dritto, sveglio come pochi, ma anche lui, nella città ‘delle sòle’ a volte può prendere una fregatura. Con il Begalone e con il Lenzetta attraversano tutta Roma alla ricerca costante di una svolta, che li possa far mangiare o sfogare gli ormoni con qualche donna di strada. Il ferro lo pagano bene e di posti dove andarlo a rubare Roma è piena. In qualche modo si deve pur campare e il gioco delle tre carte mica lo sanno fare solo a Napoli.
Pasolini ci regala un romanzo unico, spettacolare, duro come un pugno nello stomaco di prima mattina e dolce, ma di una dolcezza ruvida che sa di fatica, come una carezza con i calli sulle mani.
I personaggi sono denunce sociali bipedi che si muovono per la capitale alla ricerca costante di quattrini. A volte dormono per strada, altre riescono a svoltare e altre ancora si cacciano nei guai, ma il lettore, nel bene o nel male sarà sempre con loro.
Per chi il mare non l’ha mai visto, il Tevere è come il mare, ci puoi fare il bagno e se rimedi i soldi pure un giro in barca, ti ci puoi lavare e anche nuotare: ‘Però, a coso, sta attento ai mulinelli che te porteno affonno! Er piccolo Genesio m’avrà ‘nteso?’ Ma lui che ne sa, vuole solo fare il dritto con i ragazzi più grandi, così non lo vesseranno più, e impressionare i fratelli. Loro sono solo tre ragazzini, sono scappati di casa e i carabinieri li cercano.
Le periferie sono il ventre mollo della città eterna, le pance brontolano per la fame e a volte a forza di sbattersi per rimediare i soldi, la fiacchezza ti leva le forze, le gambe diventano deboli e ti senti venir meno, finché il pallore decolora l’epidermide e allora pensi: “Sta botta ce rimango”. Anche se il vino sostiene non basta e a volte brucia gli stomachi che non vedono qualcosa di solido da un paio di giorni, allora tutto ricomincia nel turbine del caos umano e del diritto sacrosanto alla sopravvivenza.
I buoni sentimenti nella narrazione fanno giusto capolino, ma poi si ritirano schifati, non sono buoni neanche per usarli come segnalibro. L’aria è pregna di disagio, degrado e miseria. La batteria narrativa è una cassa e un rullante sempre a pieno regime, un fraseggio dal ritmo dinamico che suona le note del riscatto sociale e arresta il suo moto, solo di tanto in tanto, per regalare al lettore scorci di pura poesia, rustica ma di un’aulica bellezza. I protagonisti parlano come mangiano, senza giri di parole, dritti all’obiettivo. Hanno sguardi poco fiduciosi, che a stare sempre in campana non si sbaglia mai. I lavori sono talmente precari da considerarsi apostrofi in un discorso più grande di noi e sono pagati talmente male che la strada rende di più. Qualcuno finisce ingabbiato, altri fanno una fine peggiore, la lotta alla sopravvivenza è un girone infernale, ma a volte ci regala anche una risata, che a starsene sempre abbacchiati neanche la vita ti sorride più.
Ragazzi di vita di Pasolini è un romanzo coraggioso, realistico, caustico e tanto altro. Una motrice narrativa che alza un lezzo di abbandono e poche speranze. Un contenitore vorace nutrito con il decadimento delle classi sociali proletarie. Prosa che racconta e si fa denuncia, coeva della situazione delle periferie romane abbandonate a sé stesse, problema tutt’oggi ancora irrisolto.
Sicuramente un libro consigliatissimo, ma lor signori si astengano se sono alla ricerca di un libro da ombrellone.
Silvia