“Signore, tu mi hai chiamato per nome” – Giulio Vicentini


Voto: 4 stelle / 5

A un’epoca assetata di sacro e colma di tanti cercatori di Dio, ognuno diverso dall’altro, tanto può dire la testimonianza del pastore valdese Giulio Vincentini (1924-2019) raccolta nell’autobiografia di parte della sua vita, pubblicata postuma da Edizioni La Zisa (Palermo 2020), con il titolo “Signore, tu mi hai chiamato per nome. Memorie 1932-1960.”

Trama di Signore, tu mi hai chiamato per nome

La vicenda narrata nel libro ci pone in contatto con una persona, che, caparbiamente, non accetta di relegare se stesso, la propria esistenza, il proprio tempo in periferia, nella zona confortevole del già noto. Mira a centrare l’essenza e sa con certezza dove radicarsi, e, cioè, nella chiamata, una chiamata a cui non si può dire di no, una chiamata eterna perché eterno è colui che chiama, una chiamata che precede e trascende le modalità attraverso cui si attua. E’ come se Giulio dicesse a ogni pagina: Dio mi chiama. Tanto basta.

La chiamata può essere irresistibile, perché lo è la grazia che la sostiene.

Trasuda umanità questo libro, tanto più perché parla di crisi. Giulio aveva imboccato la strada della scelta religiosa radicale, entrando molto presto in convento. Aveva 10 anni, quasi 11, il 16 agosto 1935, quando, stringendo fra le mani la pagella di quinta elementare, entra nel convento dei Frati Minori Francescani di San Daniele di Lonigo (Vicenza). Per i parametri attuali, era ancora un bambino.

Nella mentalità corrente, specialmente in un contesto saldamente ancorato alle tradizioni come quello dal quale proveniva, entrare in convento, e, ancora di più, diventare prete, costituiva motivo di vanto, di lustro per la famiglia intera. Da subito, quindi, sulle spalle di Giulio gravano aspettative considerevoli, che riguardano il livello di rispettabilità sociale della sua famiglia. Gli anni, in cui queste vicende si svolgono, sono ben lontani dallo stimare la libera scelta come un paradigma di riferimento rispetto all’appartenenza religiosa. La fede si riceve e si trasmette e molto difficilmente contempla alternative di espressione. E’ doveroso tener conto di questi riferimenti utili a contestualizzare nello spazio, nel tempo e nella mentalità corrente dell’epoca le scelte di Giulio. E’ utile a sottolinearne il valore di vaglio interiore e di intima sofferenza.

La crisi arriva in Giulio insieme alla disponibilità al cambiamento e al coraggio richiesto dal salto. 

Recensione

Leggendo “Signore, tu mi hai chiamato per nome”, seguendo il filo del racconto, il tono rimane sempre sereno, pacato. Non si avvertono particolari scossoni, ostacoli specifici, cui imputare la necessità del cambiamento da formalizzare anche attraverso un’appartenenza chiarita e resa esplicita.

Tutto scorre come dialogo interiore, immancabile apertura alla storia e ai suoi segnali, urgenza di corrispondervi nel modo migliore possibile, attuando quanto il vangelo stesso richiede circa i segni dei tempi (cf. Vangelo secondo Matteo 16,3). Sì, c’è il racconto di un periodo di sofferenza, il contatto con forme di premura fino ad allora sconosciute, l’innamoramento e il conflitto interiore. Ogni passaggio è inanellato all’altro senza drammi, senza risultare mai realmente fuori posto, senza spezzare mai quella catena di coerenza, che lo guidava fin dal momento in cui aveva liberamente corrisposto alla chiamata di Dio, che aveva avvertito e che continuava ad avvertire.

Molti spunti emergono dal racconto, ma almeno alcuni sono da tenere in particolare considerazione:

  1. La vicenda umana intrisa di passione nel senso più vero del termine, come unica e irripetibile congiunzione di straordinario amore e di enorme sofferenza nella cornice di quella che appare come una chiamata irresistibile.
  2. L’apprezzabile intuizione ecumenica concernente il ministero ordinato e la possibilità del suo riconoscimento da parte delle altre denominazioni cristiane. 
  3. Il significato che la vita riceve dal livello superiore e totalizzante, che, per Giulio Vicentini, si qualifica come chiamata da parte di Dio e che si rigenera costantemente come opera continua.  

La parola, che, per prima, alla luce della lettura del suo libro, si lascia associare a lui, è chiamata. Non a caso il titolo parla di relazione e di chiamata: “Signore, tu mi hai chiamato per nome”

Ada Prisco

Commenti