Analisi di “Gastromorte” – Fredric Brown

Gastromorte: un serpente concettuale

Gastromorte è uno dei micro-racconti di Fredric Brown costruiti sulla base di un paradosso. Una sorta di serpente concettuale che si morde la coda fino a ingoiare tutto se stesso. Lo si può leggere a pagina 48 della raccolta I racconti più brevi del mondo pubblicata nel 2005 dall’editore Fahrenheit 451.

Aspettando la propria elettrocuzione, Clyde Edy ricevette l’ultimo pasto di sua scelta. E si lasciò trasportare, e mangiò così tanto, di quel ricco menu che si era fatto portare per la soddisfazione del suo ultimo desiderio, che si procurò una gastris acuta e, prima di essere trasportato sulla sedia della morte, sfuggì all’esecuzione della sentenza, morendo. Ma a modo suo.

 

Una situazione apparentemente semplice

La situazione descritta è piuttosto semplice, per lo meno in apparenza: un uomo attende di essere giustiziato tramite elettrocuzione, termine che, come si può leggere su Wikipedia, «si riferisce all’esecuzione di una sentenza di morte mediante il passaggio di una corrente elettrica attraverso il corpo del condannato».

Non siamo in grado di stabilire se l’ambientazione sia contemporanea oppure futuristica, perché la cosiddetta morte per folgorazione era praticata quando il racconto è stato scritto e la è tuttora.

Comunque stiano le cose, il protagonista conosce il proprio destino. E non sembra preoccuparsene più di tanto: nulla ci viene comunicato circa il suo stato d’animo in proposito.

 

L’ultimo pasto

Il momento dell’esecuzione non dev’essere molto distante: come da copione, gli hanno infatti portato l’ultimo pasto − particolarmente succulento: senza scendere in ulteriori dettagli, si parla genericamente di un ricco menu − affinché possa soddisfare il suo ultimo desiderio. Nel consumarlo, esagera. Mangia così tanto da procurarsi una gastris acuta. Si tratta presumibilmente di una gastrite, anche se il termine gastris sembra non esistere. Abbiamo gastritis in inglese, mentre in latino registriamo un gastēr della terza declinazione e un gastra della prima (di cui gastris sarebbe il dativo o l’ablativo plurale). Diamo per buono che l’affezione sia quella. Le conseguenze sono mortali: Clyde ci lascia le penne.

È a questo punto che scatta il paradosso: prima di essere trasportato sulla sedia della morte, sfuggì all’esecuzione della sentenza, morendo. Ma a modo suo. Un finale dal sapore vagamente pirandelliano. Perché richiama alla memoria la novella Non è una cosa seria, il cui protagonista Perazzetti aveva sposato per guardarsi dal pericolo di prendere moglie. Qui, il protagonista sfugge all’esecuzione ricorrendo a una sorta di paradossale suicidio.

Ma c’è di più. Impossibile non pensare, in questa circostanza, al Bushidō, il codice d’onore degli antichi samurai giapponesi. Poiché è privilegio del guerriero scegliere quando morire. Scelta vista come atto di libertà estrema. In effetti, Clyde adesso è libero.

2 Comments

  1. Giulia Valle 05/05/2021
  2. Enrico Cantino 05/05/2021

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