“Chi ha rubato Pecos Bill?” – Giuseppe Fiori


Voto: 5 stelle / 5

“L’indagine più stupide e inutile della sua carriera” per il dirigente del più piccolo Commissariato di Roma, nel nuovo titolo delle sue inchieste: “Chi ha rubato Pecos Bill?”, pubblicato nell’estate 2020 da Oltre Edizioni di Sestri Levante (146 pagine, 14 euro), altro poliziesco senza cadaveri di Giuseppe Fiori.

Una settimana di indagini

Un cavallo bianco montato da un ragazzo risale in piena notte le pendici del Gianicolo, fino all’Orto Botanico. Sembra che la statua di Garibaldi si sia lanciata dal piedistallo per correre sul colle alla sommità della capitale, da quello che raccontano ad Omar Martini, commissario della polizia fluviale.

“Soft-crime novel in cui l’azione investigativa è diretta non tanto a scoprire il colpevole quanto a fare in modo che nessuno si faccia male”

A detta dello scrittore innamorato di Roma è un genere giallo tenue, quello delle indagini delle commissario Martini. Sono state avviate dal poker di storie poliziesche riunite nel volume “Uomo di vetro, uomo di piombo” (2002, a quattro mani con l’amico Luigi Calcerano), tra i primi e non pochi firmati dall’alto dirigente in quiescenza della Pubblica Istruzione, oltre a romanzi per bambini e saggi su tematiche amministrative.

Colonna per decenni delle Sovrintendenze scolastiche e del Ministero, uomo elegante, dai modi sempre cortesi e aperti al sorriso, è un narratore valido e originale. Il carattere equilibrato si riflette sul modo di scrivere, sereno e scorrevole, sorretto da dialoghi brillanti, brioso e che rivela una grande conoscenza degli angoli più riservati di Roma e una cura nei particolari dei caratteri di tutti i personaggi, dal protagonista ai comprimari, spesso autentiche “macchiette”. Anche quelli delle comparse non sono abbozzati, ma costruiti nei dettagli, sia pure rapidamente, come il Confidente con l’enorme stomaco semovente come un budino o la barbona che dorme sotto i cartoni a porta San Pancrazio e dice che il cavaliere sembrava un cowboy che voleva portarla via in groppa ad un cavallo bianco.

Pecos Bill eroe disarmato

Un cowboy ? Pecos Bill, l’eroe del Texas con le frange lunghe sui fianchi dei pantaloni di cuoio, mai un’arma in mano – la sua è una giustizia disarmata ma efficace – e che regola tutto lanciando in groppa a Turbine, un cavallo capace di tutto, una vera forza della natura.

Il furto della raccolta completa di fumetti di Pecos Bill, unico bene sottratto ad uno sceneggiatore di comics : è la denuncia raccolta dall’ “esile Commissariato” allocato tra i Ponti Fabricio e Sulpicio, con giurisdizione limitata ai reati minori nelle Ghetto a Trastevere e nel tratto fluviale del Tevere. Martini è stato ristretto in quelle competenze anguste e nel suo ufficio disadorno per aver cocciutamente esteso un’inchiesta penale a un intoccabile. Viaggia sui cinquant’anni, ovvero come dice lui una trentina di primavere più una ventina di autunni. Fisico asciutto ma rilassato, composito come il carattere: rinunciatario e sornione, chiuso e franco allo stesso tempo. Non parla con una donna da tre mesi , Anita ha voluto chiudere con lui. Era una conoscenza dell’università, incuriosita da quel misogino con gli occhi azzurri di una tonalità diversa l’uno dall’altro, che dopo la laurea voleva fare il commissario di polizia.

Dopo il cavallo, anche la pistola

Come Pecos Bill, è un uomo della legge senza pistola. Per averla ce l’ha, una bella Smith & Wesson Chiefs Special calibro 38, anzi ce l’aveva, perché è sparita, contemporaneamente all’equino bianco prelevato con un abile inganno dalla caserma della Polizia a cavallo.

Un revolver sottratto ad un commissario e un cavallo ad una poliziotta: la PS ha più di un motivo per farne una questione di prestigio. Di certo non sono un’arma e un animale che potranno finire sulle bancarelle di Porta Portese, dove la domenica riaffiora tutto quello che viene rubato nel triangolo delle Bermuda della microcriminalità romana, da Trastevere al ponte Sulpicio a Castel Sant’Angelo.

Del romanzo di Fiori ricordiamo un’edizione alla fine del 2008, pubblicata da un editore pugliese, questa è per i tipi di una casa editrice ligure, ma la vera protagonista risiede nel Centro ed è certamente Roma.

Roma protagonista

Leggere il “giallino” bello di Giuseppe Fiori è come fare una passeggiata per le strade di una capitale più a colori che mai. Piazze grandi stradine strette. Il centro storico della Città Eterna – tempo di Covid escluso – è sempre sul punto di collassare sotto l’afflusso di folle di turisti, di gente che lavora e di perditempo. Ma muoversi nella sua confusione è meraviglioso.

Porta Portese è come Roma, come il fiume che la attraversa, soprattutto. Il mercato domenicale è un affluente del Tevere: per un po’ scorre tranquillo tra le sponde di magazzini, poi si gonfia con l’aumentare della gente. In maniera inaspettata compare una rapida, un vortice, in quel punto tutti si animano e corrono, girano in tondo, poi si placano. Il fiume di folla torna a scorrere calmo come prima.

Hanno commesso qualche furto in zona? Occorre adottare il metodo Ladri di biciclette, girare tra le bancarelle perchè la refurtiva sarà lì, in bella mostra. È così per la raccolta di Pecos Bill. Spaider, però, il giovane ladro più veloce della capitale riesce a rubarla perfino al ricettatore, anche se perde un fascicolo fuggendo ad un sottufficiale di polizia in borghese, allo sceneggiatore derubato e a due impacciati agenti a cavallo.

E si ricordi che i motivi per commettere un furto sono tantissimi, non escluso l’amore.

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