“Mia madre è un fiume” – Donatella Di Pietrantonio


Voto: 5 stelle / 5

Già pubblicato da Elliot nel 2011, “Mia madre è un fiume”, libro d’esordio della scrittrice Donatella Di Pietrantonio, viene riproposto nel 2022 da Einaudi. E’ la storia, quasi un diario, di una figlia che vorrebbe tenere la madre agganciata alla realtà ripercorrendo la sua vita, mentre la malattia le sta portando via la memoria.

Della stessa autrice abbiamo recensito anche “Borgo Sud“, “L’arminuta” e “Bella mia“.

Trama di Mia madre è un fiume

Il libro è ambientato nei luoghi cari alla scrittrice: “in una casa, l’ultima abitazione prima dei monti, un piccolo sasso rotolato per sbaglio dal fianco orientale dell’Appennino abruzzese”. Qui Esperina è vissuta e qui sta mostrando segnali inconfondibili: un corpo apatico che emana l’assenza. Non è cosa facile per la figlia rattoppare le falde che si fanno sempre più evidenti, parlando, raccontando. Non esiste un vissuto di gesti spontanei fra loro, cui attingere.

Il nostro amore è andato storto da subito…non capiva perché fossi così affamata di lei che aveva da sbrigare tutte le faccende…lei mi amava ma aveva altro da fare. Non venivo prima nei suoi pensieri e non l’ho sopportato. Di lei è rimasta l’assenza. Avevo una madre inaccessibile, non per amore, per fretta.

Sullo sfondo la vita dura della madre contadina, la scuola lontana da raggiungere, i pascoli e le pecore da badare, i rituali con il maiale da ammazzare, l’amore con il cugino, i rapporti spesso complicati tra parenti, la difesa dei propri interessi nei confronti del fattore ” signore dei servi e servo del signore”. Anni che scorrono simili, poi la mente che si sbrindella.

La sua memoria è un manoscritto a inchiostro simpatico. Guardo i fogli. Nascondono contenuti che la malattia ha deciso di proteggere nell’indicibile.

Recensione

Quando il libro mi è stato regalato, non l’ho letto subito, ma l’ho tenuto in serbo come qualcosa di prezioso. La scrittura di Donatella Di Pietrantonio mi cattura. Sempre. Già dalla prima pagina ho riconosciuto sentimenti provati, sensazioni nebulose che fatichiamo ad estrapolare dal profondo, qualcosa che rimane lì, molto ben conservato.
E’ un’esplorazione audace che si libera attraverso espressioni che raspano dentro, grattano, non si accontentano della superficie, in uno stile secco e fluido.

Certe volte la odio. Odio il tempo che mi costa. Non riesco ad usarle dolcezza. Non la tocco mai. Immagino solo di poterla accarezzare, sulle braccia, le mani deformate dall’artrosi. Non mi avvicino, se ci provo sento la forza che si oppone quando accosti i poli dello stesso segno di due calamite. Non le ho perdonato niente.


Consapevole di un’eredità che non si può scrollare, la figlia cura la madre, ma è incapace di prendersene cura.
Grazie davvero a quest’autrice che, mentre infonde stilettate alle nostre coperture, ai tentativi di celare sofferenze mai dipanate, ci quieta nel momento in cui riconosciamo le nostre imperfezioni.

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