“Il grande gelo” (Nulla Die Editore 2024, 84 p.) segna il debutto narrativo di Samuele De Marchi, che nel 2014 si è fatto conoscere con la comic strip The Unemployed sul limbo esistenziale dei trentenni di oggi.
Accantonato l’umorismo ma non il cinismo del fumetto, questo racconto scivola con naturalezza nella favola nera dopo un esordio rallegrato dalla progettualità di una coppia.
Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale ricevuta in omaggio.
Trama di Il grande gelo
Sono una bella famigliola della middle class i Ferraris, impiegato di banca Stefano, casalinga Patrizia e Pietro di sei anni. Li conosciamo nel momento cruciale in cui si trasferiscono in una bifamiliare a ridosso di un piccolo centro sul lago Maggiore. Per la coppia, fino ad allora costretta dalla necessità a vivere con i suoceri, è un passo importante poter affittare un appartamento che sembra rispondere alle sue esigenze. Al piano superiore dell’edificio abitano i proprietari, i Colombo, tre fratelli avanti negli anni che conducono un’esistenza riservata:
Nessuno di loro aveva avuto una vita fuori da quelle quattro mura e nessuno si era sposato o aveva avuto una relazione
Per il bambino è una pacchia, perché il pomeriggio dopo la scuola prende l’abitudine di andare dai Colombo. Quanti giocattoli a sua disposizione! Purché rimanga a giocare zitto e buono nel perimetro di un tappeto di cui ignora la valenza simbolica. Ma la curiosità non è forse una prerogativa di grandi e piccini?
La situazione cambia in fretta. La moglie vive il trasloco in quel posto sperduto tra lago e bosco come un sacrificio imposto dalle esigenze professionali del marito. Alcuni avvenimenti contribuiscono a minare la serenità di coppia. Il rapporto con i padroni di casa degenera. La cortesia si trasforma in invadenza; dissapori e dispetti diventano sopruso; la frustrazione si fa odio e rabbia. Chi arriverà per primo al punto di non ritorno? Qual è la finestra di tolleranza nei rapporti interpersonali? Quando i nostri confini identitari vengono violati, siamo condannati a replicare da soggetti attivi la stessa logica di sopraffazione?
Recensione
In questo racconto nulla è lasciato al caso. Per esempio spicca ossessivo il giallo delle mele che un personaggio sbuccia e mangia meccanicamente. Forse si alimenta per noia, per colmare vuoti emotivi. Oppure occorre chiamare in causa il ventaglio simbolico di questo frutto speciale nella nostra cultura. Amore, fecondità, tentazione, disgrazia, peccato, lo scorrere inesorabile del tempo o l’adolescenza che, nel caso specifico, sembra ferma a un eterno presente.
Samuele De Marchi si aggancia alla tradizione filmica e narrativa della casa isolata, depositaria di terribili segreti, dove si trasferisce un ignaro nucleo familiare. E la rivisita innestando elementi fiabeschi di derivazione proppiana e suggestioni psicologiche. La dimensione del racconto evita tempi morti, sostenendo la tensione fino all’epilogo con una prosa asciutta. Costruito sulla linea immaginaria tra dentro/fuori, interno/esterno, sé/altro da sé che regola comunicazione e rapporti interpersonali, “Il grande gelo” è un racconto avvincente e ben costruito.