“Il Moro della cima” – Paolo Malaguti


Voto: 5 stelle / 5

“Il Moro della cima” è il nuovo libro di Paolo Malaguti, pubblicato a marzo 2022 dalla casa editrice Einaudi. Il protagonista, Agostino Faccin, conosciuto come il Moro, (1866 – 1951) è realmente vissuto nella Pedemontana del monte Grappa.

Trama de Il Moro della cima

Forse il soprannome gli arrivò per “la pelle bruciata dalle stagioni all’alpeggio o per i baffi scuri sotto lo sguardo spavaldo e grifagno o per un certo qual cipiglio tra il torvo e il sospettoso”. Ha solo una cosa in testa il Moro: anche se nato in pianura, i suoi occhi sono rivolti lassù, sul monte Grappa, anzi sulla Grapa, come è chiamata fino alla prima guerra mondiale (il cambio di genere è considerato un dovere – suonerà più energico, virile!- come è avvenuto per il fiume Piave).

Fa fatica a spiegarsi, le parole sono misurate nel Veneto di fine 800, ma ha le idee chiare; ancora bambino vuole fare il malgaro. Un sogno che coronerà e, da allora, tutte le estati il Moro ritorna sui pascoli, anche dopo il servizio militare. Sebbene in seguito si faccia una famiglia, abbia dei figli, è la montagna a chiamarlo. Lì sperimenta una cosa strana, la libertà, la sensazione che la vita possa essere più facile nella sua essenzialità. Col passare degli anni capita un’occasione imprevista per l’uomo: gestire un rifugio sulla sua montagna e fare da guida improvvisata a chi si avventura lassù.

Con le avvisaglie dei cannoni che si preparano alla guerra in pianura, anche la vita sul Grappa cambia. Arrivano, insieme agli ufficiali in avanscoperta, anche perforatrici per costruire strade e gallerie. A guerra finita verrà costruito l’ossario, che tuttora possiamo visitare “perché le salme abbiano imperitura gloria”. Ma prima di ciò quei poveri corpi sono stati trattati senza riguardo, disperdendo la possibilità di attribuire loro un nome.

Il Moro, che durante la guerra non è potuto rimanere lassù, quando tornerà non riconoscerà la sua montagna.

Recensione

Non avessi letto il libro di Malaguti “Se l’acqua ride”, avrei creduto che l’autore fosse esclusivamente uomo di montagna, tanto è conosciuto, amato, esplorato l’ambiente in cui si muove il Moro. Ne ” Se l’acqua ride” ci siamo sentiti trascinare in mezzo alle terre d’acqua frequentate da Ganbeto; qui ci inerpichiamo con il protagonista, lo seguiamo affascinati. Quando il Moro si stupisce nell’osservare il panorama, sembra di vedere con i nostri occhi “le tessere di verde frammentato dalle siepi” e il corso del fiume dall’alto. Il Grappa per il Moro “è l’onesta massaia messa di fianco a nobildonne“.

I dettagli storici precisi fanno di questa storia un vero documento da cui trarre informazioni poco note di un periodo. Ad esempio ho trovato molto interessante la parte riguardante il dopoguerra. Le pagine di storia si fermano al 4 novembre 1918 per chiudere l’evento, ma la guerra contro la miseria e la fame continua con le bande dei disperati che recuperano il materiale bellico.
Le forme dialettali danno freschezza ai dialoghi ma anche alle parti narrative e descrittive. E’ un libro scorrevole, con le giuste dosi di leggerezza, nonostante gli argomenti.
Il Moro è una figura carismatica, che non si dimentica facilmente

Commenti