“Il mostro di Trieste” – Gianluca Rampini


Voto: 5 stelle / 5

Il mostro di Trieste” è un romanzo sull’origine del male, scritto da Gianluca Rampini e pubblicato da Newton Compton nel 2024. Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale ricevuta in omaggio.

Trama de Il mostro di Trieste

Trieste. Inverno 2018.
La città è palcoscenico di morti violente. Il killer è intelligente, scaltro e soprattutto motivato. Le vittime sono scelte e sottoposte a un macabro rituale.
Zeno Pentecoste è un poliziotto tormentato dal suo passato, dalla malattia di sua moglie Margherita e dall’adolescenza di sua figlia Rebecca. Un’ indagine tetra in cui ogni pezzo che sembra ricomporsi, apre invece la strada a nuovi interrogativi. Zeno, si accorgerà ben presto di esserci derntro fino al collo.

Un romanzo sull’origine del male. Il male e le sue sfumature. Il buio pesto alleggerito da un labile cono di luce. Un immenso foglio nero e qualche impercettibile puntino bianco.
Un’infanzia negata, la violenza come pane quotidiano, l’odore del sangue, quello della paura, il buio e l’idea sempre più chiara che quella sia l’unica strada percorribile. In fondo l’essere umano si abitua davvero a tutto, anche a procurare la morte come fosse un’incombenza da sbrigare, o un opera d’arte da eseguire con maestria per poi tornare, archiviata la faccenda, a mescolarsi tra la gente comune. Come per un macellaio dopo aver reciso la giugulare di una bestia e smembrato il suo corpo. Dopotutto il prodotto finito ha così poca somiglianza con la materia prima.
Vecchia violenza da cui ne scaturisce della nuova e silenzi pesanti come macigni : se chi sa tace, non c’è modo di aprire il cerchio. Il silenzio, favorisce l’oppressore, mai l’oppresso.

Recensione

“Il mostro di Trieste” è un percorso mentale nel quale scarico di responsabilità e assunzione di colpa sono due facce della stessa medaglia. Non ho colpe perché la mia mano è stata mossa da chi esercitava violenza su di me oppure sono un criminale perché sono stato vittima di violenza e rivendico il mio sacrosanto diritto ad esserlo ? Come ammettere che non ci possa essere riscatto per nessuno. Triste a pensarci, davvero molto.
Resta il fatto che cercare l’origine del male nell’infanzia appare la cosa più ovvia e scontata. La mente umana dopotutto è labile e così propensa alle deviazioni.
Quanto serve a un’individuo per rompere uno schema e impostarne uno nuovo?
In termini di impegno emotivo e di dolorosa rielaborazione di sé, intendo. Molto…moltissimo. Nessuno può farcela da solo, nessuno si salva da solo.
La veritò è che se una mela sana è vicino a una marcia, è sempre quella buona a marcire. Che il male abbia più mordente, eserciti più fascino?
Che la giustizia non sia un parametro assoluto? E che ognuno, all’occorrenza possa costruirsi la propria? Per sfuggire alle responsabilità, ai sensi di colpi, per seguitare a commettere crimini etichettandoli certamente come azioni punitive ma con un fondo di giustizia. Killer spietato o giustiziere fortemente motivato? La prospettiva cambia e non di poco, fermo restando che crudeltà è crudeltà da qualunque angolazione la si guardi.

Una storia forte, un mosaico le cui tessere sono piccole e difficili da far combaciare. Difficile, non impossibile. Il prezzo da pagare, in termini di violenza è alto.
Un thriller dai colori forti, ansia che sale e quasi mai un sospiro di sollievo.
Ci si guarda le spalle e pur facendolo, non è detto che filerà tutto liscio.
L’ atmosfera è tesa. Zeno è carico di un’ umanità, tendente alla parte buona con qualche buco nero. Giovanni invece, ha scelto il male e per alcuni versi è riuscito a far vacillare le certezze di qualcuno.
Pensandoci mi viene in mente Roberto Benigni quando riferito al mostro di Firenze disse “anche lui, un buongiorno a qualcuno l’avrà pur detto!”

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