Il signore delle mosche (titolo originale Lord of the flies) è il romanzo d’esordio dello scrittore William Golding, premio Nobel per la letteratura nel 1983. E’ il suo romanzo più celebre. Scritto nel 1952 e pubblicato due anni dopo.
Trama de Il signore delle mosche
Un aereo precipita su un’isola deserta. Allo schianto sopravvivono solo alcuni ragazzi di età compresa tra i 6 e i 12 anni. I primi tentativi di costituire una società organizzata hanno successo: vengono stabilite alcune regole, viene eletto un capo, si distribuiscono i ruoli.
Ma ben presto le paure e l’irrazionalità umana iniziano a venire fuori e quella che sarebbe dovuta essere “una pacchia” si trasforma in un incubo. Non c’è più spazio per il dialogo, ogni eredità di civiltà sembra completamente dimenticata sotto il fascino di qualcosa di inspiegabilmente affascinante.
Recensione
“Il signore delle mosche” è un romanzo a tema di cui l’autore si serve per presentare al lettore la propria visione della figura umana. Una visione assai negativa, anche frutto degli orrori della guerra vissuti in prima persona (William Golding si arruolò in Marina nel 1944 e partecipò allo sbarco in Normandia).
I ragazzi non riusciranno nell’impresa di costruire una società su quell’isola sperduta. Non riusciranno nemmeno a portare a termine il più semplice dei ruoli: mantenere acceso un fuoco di avvistamento. Tutto finisce nel sangue e nel terrore, perché tutti (o quasi) sembrano soffrire di una terribile malattia: quella di appartenere alla razza umana.
Lo scopo di questo romanzo è di zuccherare a sufficienza una pillola: la morale che l’autore vuole trasmetterci. E il risultato a me non è piaciuto granché. Sia perché la narrazione non è particolarmente avvincente (se non nella parte finale) e perché anche l’ipotesi portata avanti è scarsamente condivisibile: un pessimismo elefantiaco e una visione dell’uomo quasi demoniaca.
L’uomo produce il male come l’ape produce il miele.
Non riesco a non fare un confronto con 1984 di George Orwell, libro che ho apprezzato decisamente di più, perché la narrazione è più piacevole, ma forse anche perché la critica sociale insita in esso è più attuale, curiosa o condivisibile.
Per gli amanti del lieto fine, non disperate, ci sono dei personaggi che riusciranno a darvi un filo di speranza.