Con “Il veliero sul tetto” Paolo Rumiz ci riporta indietro solo di qualche mese. Si tratta di un diario – dal 12 marzo al 30 aprile 2020 – in un tempo dilatato in cui abbiamo vissuto sensazioni che crediamo dimenticate ma che molto probabilmente ritroveremo tra queste pagine.
Trama de Il veliero sul tetto
Il tetto di casa, diventato il veliero del titolo, permette al giornalista di spaziare con occhi disincantati non solo verso il golfo della sua Trieste, ma di allontanarsi con l’immaginazione ben più lontano.
“Che colpo di fortuna. Ho scoperto di avere un veliero per uscire quando voglio, in barba alla quarantena”.
Quindi da un lato è un viaggio intimo, in cui includere affetti personali e lontani; dall’altro gli aggiornamenti che avvengono tramite le comunicazioni della radio, le telefonate, le email lo tengono in continua connessione con ciò che succede nel mondo.
Recensione
Ci sono riflessioni che hanno le tematiche più svariate: si passa dalla poesia alla preghiera, dal ruolo dei singoli cittadini al sogno mai tramontato e più necessario che mai di un’Europa unita.
Non manca ciò che ognuno di noi ha sperimentato: l’organizzazione degli spazi a disposizione oppure quella dei tempi in giornate che parevano tutte uguali.
Rumiz coglie e ci mostra l’opportunità che questo periodo ha offerto: la speranza che quella vecchia “normalità” tossica e devastante lasciasse spazio ad un nuovo modo di vivere, di relazionarsi. Le stesse domande che l’autore rivolge a se stesso su quel “dopo” che è diventato il nostro presente fanno bene a tutti.