“La bambina che non doveva piangere” – Giuseppe Culicchia


Voto: 3.5 stelle / 5

“La bambina che non doveva piangere” è il nuovo libro dello scrittore e saggista Giuseppe Culicchia edito da Mondadori a febbraio 2023, Strade blu Fiction, 228 pagine.

Di Giuseppe Culicchia abbiamo recensito anche “Il tempo di vivere con te

Trama di La bambina che non doveva piangere

È al via un progetto di riqualificazione ambientale del complesso di colonie situato sul litorale di Marina di Massa. In una di queste, la “Colonia Marina XXVIII Ottobre della federazione dei fasci di Combattimento di Torino”, Ada Tibaldi trascorre l’estate del 1941. È una bimbetta di sei anni felice di conoscere il mare e nutrirsi a sazietà.

A casa sua, a Nole Canavese – cinque fratelli, padre operaio, ristrettezze imposte dalla guerra – patire la fame è la norma. Nel luogo di villeggiatura ideato per sostenere le famiglie bisognose si abbandona alla spensieratezza: lo stato di grazia di chi è bambino. Ignora ciò che la Storia ha in serbo per lei.

Con altrettanta spensieratezza decenni dopo suo figlio Walter giocherà con il cuginetto Giuseppe nell’eden dell’infanzia e della prima adolescenza. Ma tutti i protagonisti di “La bambina che non doveva piangere” condividono un destino drammatico insieme alle loro famiglie. Ada perderà un figlio e dei figli non avranno più un padre.

Ada è la madre di Walter Alasia, il brigatista morto nel 1976 durante un blitz della polizia volto al suo arresto nell’appartamento dei genitori a Sesto San Giovanni. Nello scontro a fuoco, da lui iniziato, persero la vita anche il maresciallo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto Vittorio Padovani (non dimentichiamoci di loro).

Il piccolo Giuseppe è Giuseppe Culicchia. “La bambina che non doveva piangere”, dedicato all’amata zia Ada, forma un dittico con “Il tempo di vivere con te” del 2021 sul cugino Walter cui l’autore era molto legato.

I due maschi trascorrevano le vacanze estive a giocare senza il puntello della tecnologia, fino allo spartiacque fisiologico di nove anni di differenza. Giuseppe frequenta le elementari quando Walter, non ancora maggiorenne, si butta in politica. Anzi, frequenta le Superiori e poi abbandona gli studi solo per fare politica. Prese le distanze da Lotta Continua, entra nelle Brigate Rosse. Un segreto che nel 1975 rivela solo alla mamma:

“Quelle parole sono per Ada come un colpo di pistola”

Ciononostante, lei sarà più di una confidente.

Recensione

Una trentina di fotografie in bianco e nero fungono da colonna sonora di una rievocazione che si snoda dagli anni Trenta agli anni Ottanta del secolo scorso. Alcune accompagnano la fitta tessitura tra macro e micro Storia, sintetizzando un cinquantennio denso di avvenimenti che si inabissa negli Anni di Piombo. Trecento cinquantuno morti tra il 1969 e il 1982 per atti di violenza politica conferiscono al nostro Paese un triste primato europeo. Intervallano la scrittura con gradazioni meno fosche i marcatori di una società che, dopo la ricostruzione, cambia abitudini e comportamenti.

Lo sguardo dell’autore ci restituisce lo spaccato sociale in cui la mamma di Walter Alasia nasce, cresce, lavora. Emerge il ritratto di una ragazza esuberante, dalla battuta pronta che ama ballare e cantare. Di una moglie intraprendente che non si sottrae alla fatica di crescere due figli e lavorare in fabbrica a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, dove si batte in prima linea per i diritti dei lavoratori. Di una madre colpita dal dolore più grande: perdere un figlio. Non è un caso che in quasi tutte le lingue, a parte l’arabo, manchi un termine specifico a riguardo. Da noi c’è il rarissimo ‘defigliato’, forse preso in prestito dal francese. Generalmente il linguaggio dà voce alla vita, non a ciò che va contro l’ordine naturale delle cose.

La maggior parte degli scatti immortala frammenti di intimità famigliare quando l’autore, bambino, non sapeva che le persone a lui care di lì a breve avrebbero continuato a vivere solo nel ricordo. Il lettore percepisce quanto Giuseppe Culicchia desideri fissare suoni, colori, odori, profumi, emozioni, corporeità e quell’unicità di stare insieme legata a un tempo che non c’è più.  

Questo libro affronta argomenti dolorosi e divisivi. Lo specchio di tiro inquadra una madre che, non riuscendo ad accettare la morte del figlio, ne cerca a tutti i costi un senso. Una madre corrosa dal peso delle proprie responsabilità:

E Ada si tortura: perché non è stata capace di dissuaderlo? Perché non lo aveva denunciato lei stessa, prima che commettesse qualcosa di grave, prima che fosse troppo tardi per tornare indietro? No. Questo no. Questo sarebbe stato tradirlo. E se tradendo lo avesse salvato?

Perché Ada sapeva e fu più di una confidente.

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