“La destinazione” – Serena Penni


Voto: 5 stelle / 5

La destinazione” (Il ramo e la foglia Edizioni 2023) è il quarto romanzo di Serena Penni. Docente, critica letteraria, saggista, si è occupata di narrativa italiana del Novecento e teatro. In effetti questo romanzo composto dai tre monologhi di Carla, Paolo, Elisabeth deve molto al teatro. Tre voci, tre sfoghi dell’animo che ciascuno rivolge a se stesso o a un interlocutore in assenza, sullo sfondo di un relativismo esistenziale carico di angoscia.

Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Trama de La destinazione

“Ti senti sola con la tua libertà” canta Bruno Lauzi in un brano senza tempo sulla fine di un amore. Rovesciando i ruoli di chi va e chi resta, anche Carla si sente libera e sola, intenta a “raccogliere i cocci di un amore invecchiato inutilmente” dopo che Paolo l’ha abbandonata.

E proprio al fantasma di un ‘noi’ che non c’è più – e forse non c’è mai stato -, rivolge il suo monologo in apertura del romanzo. Ferita e piena di rancore, ripercorre le tappe di un legame asimmetrico dove riusciva ad assumere di volta in volta la forma dell’acqua, quella rispondente a capricci, desideri, stati d’animo del suo uomo: problematico, egoista, sfuggente.

Durante la relazione ha fatto di lui la misura delle sue giornate, non ha esitato a raccattare le briciole del suo tempo. Perché tanta accondiscendenza in una donna bella, ancora giovane, con personalità e progetti in parte realizzati? Per paura di perdere l’amato, per soddisfare un bisogno. L’autrice non l’appiattisce a mera crocerossina, ne tratteggia tutte le sfaccettatura anche le più scomode. E se in una relazione sentimentale fosse un punto di forza fare la vittima a oltranza?

In base a una dinamica compensatoria, appare logica la passione per “Il clavicembalo ben temperato” di Bach da parte di Paolo che, dietro una facciata vincente, ‘accordato’ con se stesso non è stato mai. Cela una personalità narcisistica, inaffidabile, distruttiva, autodistruttiva. Un dramma famigliare ha interrotto la sua infanzia, condizionandone l’esistenza. Gli adulti di riferimento lo hanno sempre protetto in una bolla di attenzioni e reticenza.

Crescendo è diventato un uomo insoddisfatto, insicuro, con l’inferno nel cuore, schiacciato tra l’ossessione di mettere a fuoco il trauma infantile e la volontà di archiviarlo. Lo corrode il pensiero ricorsivo di conoscere, capire se stesso, quel cuore nero che sa di avere. Dopo Carla, che non ha mai amato, “rimette insieme i pezzi, raccoglie i cocci” di una vita fuori chiave segnata dal destino. È la figura più complessa, cui l’autrice dedica maggiore spazio in quanto trait-d’union tra Carla ed Elisabeth, la donna di cui il protagonista maschile s’innamora o crede di amare nello slancio velleitario di un’affettività a lui negata.

Recensione

Freud ritiene che l’individuo tenda a barattare la sicurezza con la felicità. È quanto Paolo rinfaccia a Elizabeth, una professionista sposata che vorrebbe tutta per sé. La abborda mentre sta raccogliendo “i cocci di un amore che era stato solo un capriccio”. Uno dei numerosi flirt con ragazzi più giovani alla ricerca dell’illusione della giovinezza, di un’emozione, di un sollievo dalla vita. Appare ingabbiata in un matrimonio al capolinea con un coniuge inconcludente e infedele che ripaga con la stessa moneta dell’adulterio.

Ma il suo monologo in chiusura illumina i lacci invisibili – pertanto indissolubili – con marito e figlio. La sacralità del matrimonio, le convenzioni sociali, l’amore materno non c’entrano, ma un evento così doloroso da essere innominabile. Dalle sue parole conosciamo un mondo che la cecità di Paolo non ha saputo leggere. Elisabeth è il personaggio più triste, ma l’unico capace di accettare fino in fondo quanto ricevuto dalla sorte. Rispetto al cosciente attendismo di Carla -anche lei si confronta con una perdita -; rispetto a Paolo che sbandiera l’unicità della sua disgrazia in nome di una presunta gerarchia del dolore, non possiamo che rispettare la sofferenza silente con cui Elisabeth accarezza ogni giorno la sua.

Tre storie, tre voci e altrettanti punti di vista sul modo di vivere l’amore, i confini di coppia, la genitorialità, la libertà, il lutto. La scrittura asciutta punta sullo scandaglio psicologico senza facili concessioni consolatorie. Da leggere.

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