“La lezione” – Gustavo Zagrebelsky


Voto: 5 stelle / 5

Dalla “Lezione sulla lezione” tenuta da Gustavo Zagrebelsky a Torino nel 2021 in occasione della Biennale Democrazia, nasce il saggio “La lezione”, pubblicato dalla casa editrice Einaudi l’anno successivo. Zagrebelsky, noto giurista e docente universitario, analizza il mondo scolastico partendo dal suo nucleo centrale: la lezione e, di conseguenza, la figura dell’insegnante che la mette in atto, senza cadere nella critica, ma cercando il suo valore culturale e didattico primario.

Trama de La lezione

Il discorso di Zagrebelsky parte dall’etimologia della parola “lezione”, collegata al verbo legere latino e al termine greco legein, che, prima di riferirsi alla lettura, ha a che fare con l’atto del raccogliere, del radunare insieme. La lezione è, dunque, una sorta di “chiamata a raccolta intorno al sapere”. E, in quanto tale, non si rivolge al singolo, ma a un uditorio più vasto. Anche il termine “aula” ha un suo fascino antico. Il termine deriva da aulos, il flauto, e allude alla melodia che può accogliere non appena si riempie di onde sonore.
Il professore analizza poi l’elemento cardine di ogni lezione: la parola. Arriva così ad affermare che la lezione è “scuola di parole con le quali animiamo le intorno a noi e in esse ci immergiamo.”

Nominando le cose del mondo esteriore, le facciamo esistere nel nostro mondo interiore. In questo senso le parole conferiscono esistenza e permettono di pensare il mondo in noi e noi nel mondo.
Chi non possiede alcuna parola è totalmente inerte e inerme. Esiste, ma non vive.”

Due gli scopi della lezione: trasmettere e scoprire. Indubbiamente la trasmissione del sapere è primaria, ma non si deve sottovalutare l’esperienza della scoperta continua e costante. Un’immagine può aiutare a comprendere il valore della lezione: la passeggiata a piedi paragonata a un viaggio in tram.
Ecco perché la lezione dovrebbe essere un momento creativo, non riproduttivo, per formare le giovani menti e non limitarsi a distribuire informazioni.

Le ultime pagine riguardano la valutazione e le verifiche e qui il professor Zagrebelsky afferma l’inutilità di questo sistema di valutazione ben radicato nelle scuole, ma afferma che sarebbe un’eresia abolirli del tutto, perché contribuiscono a garantire il raggiungimento di uno scopo sociale.

Recensione

Nel rapporto quotidiano tra insegnante e allievo, le parole sono il seme della conoscenza, la fonte a cui attingere per far rivivere il passato, comprendere il presente e creare un ponte verso il futuro.
L’insegnante, attraverso le parole, chiama intorno a sé le nuove generazioni di studenti, allo scopo di formarli e spingerli verso il sapere e deve mettere in campo tutte le strategie utili per attirare e mantenere l’attenzione.

È solo utopia o è davvero possibile oggi incentrare tutto sulle parole, in un mondo che progredisce per immagini e nuove tecnologie?
Zagrebelsky afferma che, nel caos di infiniti stimoli di ogni genere, la lezione ha, tra i tanti compiti, quello di orientare e indirizzare lo sguardo in avanti. Superare la superficialità che ci circonda e tendere alla crescita personale e didattica diventa così obiettivo principale per ogni educatore. Possiamo anche lavorare per immagini, proporre video e ritrovati multimediali sempre più fantasmagorici, ma alla fine abbiamo bisogno in ogni caso di parole per far entrare il mondo nella nostra vita e renderlo “comunicabile”. Ecco perché la scuola ha ancora un valore inestimabile, non per riempire menti di nozioni, ma per accendere fiaccole sempre più vive.

Un’ora sola, un’oretta di amore che la scuola ti ha dato e che tu hai ricevuto può essere tenuta a mente e valere per tutta la vita che resta.”

Questo piccolo saggio dovrebbe essere presente su ogni cattedra, per essere discusso, analizzato e interiorizzato.
Consigliato a tutti coloro che credono ancora in questa professione e hanno fiducia nel futuro, osservandolo attraverso gli occhi dei propri studenti.

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