Nel 1974 Elsa Morante pubblicò per la casa editrice Einaudi “La Storia”, romanzo storico annoverato tra i capolavori della letteratura italiana del Novecento. L’opera ebbe subito un grande successo. Superò i confini nazionali, ma fu anche aspramente criticata da diverse forze politiche del tempo e da vari intellettuali. Nel 2002 il romanzo entrò a pieno titolo tra i cento migliori libri di tutti i tempi, all’interno della “World Library”, lista stilata dal Norwegian Book Club.
Trama de La Storia
La vicenda è ambientata a Roma, tra il 1941 e il 1947 e narra eventi e personaggi che ruotano intorno a Ida Ramundo e alla sua famiglia. Ida è una maestra elementare, ebrea da parte di madre. Rimasta vedova, trascorre le sue giornate tra la scuola e il quartiere San Lorenzo. Qui vive insieme al figlio Nino, giovane adolescente, affascinato dalle novità politiche del tempo. Un giorno di gennaio del 1941, un soldato tedesco di passaggio compie violenza su di lei. Ida rimane incinta e partorisce Giuseppe, chiamato da tutti Useppe.
“Spontaneamente, il ragazzo li levò verso Ida. E lei ne incontrò lo sguardo straziato, di una ignoranza infinita e di una consapevolezza totale: sperdute insieme, l’una e l’altra, a mendicare una carità unica, impossibile, e confusa anche per chi la chiedeva.”
Nel frattempo la guerra irrompe nella vita di Ida con tutta la sua potenza. Il quartiere di San Lorenzo viene bombardato e la sua casa distrutta. Mentre Nino combatte la sua guerra, prima tra le camicie nere, poi al fianco dei partigiani, Ida e Useppe trovano riparo in un vecchio capannone a Pietralata, alla porte di Roma, dove rimarranno fino alla fine della guerra. Qui la solidarietà tra sfollati farà stringere nuove amicizie, come quella con Giuseppe Cucchiarelli, di fede comunista, o sancirà incontri importanti, come con Carlo Vivaldi, alias Davide Segre, ebreo di idee anarchiche.
La fine del conflitto non risolverà la delicata situazione di Ida e dei suoi figli. La Storia continuerà imperterrita a mietere le sue vittime e a lasciare una lunga scia di dolori e sofferenze.
Recensione
Nel saggio “Sul romanzo”, pubblicato nel 1959, Elsa Morante definiva questo genere letterario come “ogni opera poetica, nella quale l’autore, attraverso la narrazione inventata di vicende esemplari, dà intera una propria immagine dell’universo reale.” Prosa e poesia convivono in una nuova forma di realismo, che ha per fondamento la realtà trasformata in verità poetica. Per arrivare alla “verità poetica” occorre attivare i meccanismi della memoria. E’ questa l’essenza del romanzo storico: narrare la tragicità, l’umanità e la semplicità di coloro che hanno vissuto all’interno delle trame spietate della grande Storia.
L’autrice focalizza l’attenzione sul fatto che la guerra non si combatte solo in trincea o nei campi di battaglia, ma per le strade. I protagonisti non sono solo soldati o generali, ma persone comuni, donne e bambini. Spettatori di un dramma incomprensibile, più grande di loro, sono costretti a lottare ogni giorno per sopravvivere.
E come ogni storia individuale o collettiva contiene in sé una varietà tematica ed emotiva. Amore e amicizia, rabbia e sofferenza, disperazione e speranza. I sentimenti si fondono insieme nei singoli personaggi, in una coralità unita dagli eventi storici, ma che riesce a mantenere intatta la propria individualità. I personaggi rimangono stretti alle loro solitudini di fronte alla furia cieca e selvaggia della Storia, spinti comunque da un effimero desiderio di felicità.
Il romanza racchiude in un microcosmo un frammento della società italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. I bombardamenti, la povertà e la disperazione, le illusioni e le disillusioni politiche, la condizione della donna e l’incertezza dei tempi sono solo alcune delle tematiche presenti nell’opera.
Il tutto vissuto attraverso personaggi indimenticabili. Ida Ramundo, Nino e il piccolo Useppe rappresentano le vittime di un realtà stravolta dagli eventi storici. Incarnano rispettivamente il pudore e la semplicità, il coraggio e la determinazione, l’ingenuità e la tenerezza. Intorno a loro un mondo che vive e lotta tenacemente contro qualcosa di più grande a cui non sanno dare un nome, che cerca di annientare e distruggere.
“Nessuna immaginazione viva potrebbe, coi propri mezzi, raffigurarsi i mostri aberranti e complicati prodotti dal suo contrario: ossia dalla mancanza totale d’immaginazione, che è propria di certi meccanismi mortuari.”
La prima edizione del romanzo (Einaudi, collana “Gli struzzi”) riporta a come sottotitolo “Uno scandalo che dura da diecimila anni”. La Storia, con il suo carico di tragicità e dolore, rappresenta il male a cui nessuno può sottrarsi.
Analisi
Il romanzo si inserisce in maniera innovativa all’interno della letteratura italiana del secondo Novecento. L’opera si rifà indubbiamente alla tradizione del romanzo storico, ma anche alla letteratura popolare, al neorealismo e ai romanzi dell’Ottocento. Particolare è il ruolo del narratore onnisciente, pronto a partecipare emotivamente ai singoli drammi dei personaggi che, in alcuni passi, dichiara di aver conosciuto.
Dal punto di vista lessicale, il romanzo propone una grande varietà di vocaboli: Elsa Morante passa magistralmente da termini popolari a preziosismi linguistici raffinati. È un plurilinguismo che aderisce al reale e non disdegna tecnicismi, termini dialettali o propri del linguaggio infantile, senza dimenticare mai la sua natura puramente letteraria.
Nonostante le varie critiche ricevute dall’autrice proprio per queste scelte, il romanzo spicca per l’elemento emotivo. E’ un’opera struggente e profonda. Raggiunge il cuore dei lettori non semplicemente per portarli alle lacrime, ma per far nascere il seme di una speranza di rinnovamento.