“La strada” – Cormac McCarthy


Voto: 5 stelle / 5

“La strada” è un romanzo di Cormac McCarthy pubblicato nel 2006. Ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2007. Dal 2009 è anche un fim. Ho preso questo libro in prestito in biblioteca perché è stato scelto come lettura di settembre sia dalla #challengedei100classicidelfuturo con Marlah sia dal Book Club Italia.

Trama di La strada

Di loro sappiamo solo che sono “l’uomo” e “il bambino”. Vagano sulla terra in una situazione post-apocalittica di cui sappiamo poco e di cui presto ci interessa ancora meno, perché siamo presi da altro: tutto è cenere e disperazione. Manca da mangiare, manca l’acqua pulita.

“Quando non ti resta nient’altro imbastisci cerimoniali sul nulla e soffiaci sopra”

L’uomo appartiene a quella generazione che conserva ancora i ricordi del mondo di prima; il bambino non ha mai visto una mucca o un uccello. La volontà di sopravvivenza dell’adulto si regge sull’esperienza e sulla conservazione; la purezza del bambino preme per avere quello che più manca: le relazioni umane.

Fa sempre più freddo e ogni riparo può rappresentare un pericolo. Il sospetto che ci viene è che lasceremo i due protagonisti sulla stessa strada su cui li abbiamo conosciuti. Sarà davvero così?

Recensione

Il mio primo approccio con “La strada” è stato conflittuale. Lo stile sincopato ed evocativo mi ha suscitato diffidenza. Ho pensato: ecco di chi è la colpa di tanti modi di scrivere senza soggetto né verbo.

Ci ho messo trenta pagine a capire di essere in uno scenario post-apocalittico: non mi ero informata di proposito. La trama ha iniziato ad avere una forma e il ritmo un fluire simile alla disperazione: cupo, atroce, incessante. A quel punto ho lasciato entrare il romanzo, ho sospeso l’incredulità, mi sono abituata allo stile. Mi sono immedesimata così tanto che il fatto che alcune parti fossero un po’ oscure (colluttazioni, sogni, sensazioni) è passato in secondo piano.

“Una parte di lui continuava a desiderare la fine”

L’uomo ero io e il bambino era mio figlio. Penso che “La strada” rappresenti, fuor di distopia, qualsiasi situazione senza uscita che un genitore possa trovarsi a vivere. Ho sentito tutto il peso della responsabilità, la fame, il freddo. Quanta paura di non farcela! Per un genitore è cosa innominabile non avere un futuro da offrire.

Ho chiuso il libro con un magone duro come la pietra. Penso che avrei pianto, se fossi stata sola in casa.

“Ma chi lo troverà se si è perso? Chi lo troverà, quel bambino?

Lo troverà la bontà. È sempre stato così. E lo sarà ancora.”

Non riesco a definire “La strada” bellissimo, perché si chiude con un senso amaro di sconfitta e mi ha fatto soffrire molto, fino alla fine. Ha scavato in tanti sentimenti negativi e atavici, lasciandomi solo un barlume di bellezza. Ho provato claustrofobia, sollievo, ansia, impotenza. Sono stata grata ai numerosi dialoghi, che secchi e ripetitivi hanno stemperato l’oppressione.

Lo definirei un libro angosciante, che ti vuole spremere gli occhi affinché tu veda quello che hai davanti e lo ami più forte.

Commenti