Edito da Feltrinelli nel 2018, “Le assaggiatrici” ha vinto il premio Campiello quello stesso anno. La Postorino racconta una storia poco conosciuta accaduta in un tempo che la storia e la letteratura hanno smembrato pezzo per pezzo per capirne le origini, gli sviluppi ed elaborarne un antidoto. L’autrice ha tratto ispirazione dalla notizia che l’ultima testimone della vicenda desiderava, all’età di 96 anni, renderla pubblica.
Trama di Le assaggiatrici
Il romanzo è ambientato nel 1943 a Gross-Partsch. La cittadina, a circa settecento chilometri da Berlino, diventerà polacca due anni dopo.
Era la città in cui Adolf Hitler si nascondeva durante la guerra. Nel suo quartier generale Rosa e altre nove giovani donne sono chiamate ad assaggiare i pasti del Führer, che è terrorizzato dall’idea che possano avvelenarlo.
Rosa vive dai suoceri, nella città del marito che combatte sul fronte russo e l’amicizia con queste donne diventa ancora di salvezza mentre prova sulla sua pelle l’epilogo di un disastro amplificato, più che dal boato delle bombe, dal frastuono dei silenzi che lo hanno permesso.
Recensione
Il titolo del romanzo sembra un eufemismo, fa sorridere il fatto che queste donne vengano definite “assaggiatrici”. Rosa e le altre sono delle cavie, su di loro incombe il terrore di fallire che un uomo ossessionato dalla vittoria è incapace di fronteggiare. Anche loro sono soldati mandati a morire. Sono comodamente sedute intorno a un tavolo, ma un solo boccone potrebbe avere le stesse conseguenze di un proiettile.
Rosa convive con grandi sensi di colpa: non ha avuto il coraggio di opporsi a un regime che sembrò folle fin da subito, troppo codarda per prendere posizione, troppo egoista per pensare a chi in quel regime diventava ultimo, non necessario, inferiore.
Non riesce a opporsi nemmeno all’attrazione per il tenente Ziegler:
“Tutte avevamo bisogno di essere desiderate, perché il desiderio degli uomini ti fa esistere di più.”
La sua vita è un susseguirsi di no non detti, con la speranza che qualcuno potesse urlarli anche per lei. Rosa, però, sa bene che ogni singola voce ha un proprio peso, non delegabile e non riesce a perdonarsi per la sua moralità tardiva che è stata, a conti fatti, solo indifferenza.
Lo stile di Rosella Postorino è molto raffinato, elegante, femminile, ma anche semplice e diretto quando i fatti da narrare non richiedono troppi giri di parole. Le sue riflessioni non sono banali, spiccano per originalità e sensibilità.
“Mangiate”, dissero all’angolo della sala, ed era poco più che un invito, meno di un ordine. La vedevano, la voglia nei nostri occhi. Bocche dischiuse, respiro accelerato. Esitammo. Nessuno ci aveva augurato buon appetito, e allora forse potevo ancora alzarmi e dire grazie, le galline stamattina sono state generose, per oggi un uovo mi basterà. Contai di nuovo le convitate. Eravamo in dieci, non era l’ultima cena.”
Consigliato a chi ama le storie ambientate in tempi ostili, in cui le avversità sono protagoniste più dei personaggi stessi.
l’ho appena finito di leggere! nonostante avessi le aspettative molto basse perché avevo letto numerose opinioni contrastanti, mi è piaciuto molto! ho trovato lo stile molto bello, con picchi di intensità che mi hanno ricordato saramago. ho apprezzato molto lo sfondo storico e mi ha fatto tornare la voglia di leggere hans fallada, perché anche lui parla della germania del tempo nazista e lo ha fatto a mente ancora fresca, subito dopo la guerra.
se proprio devo parlare di perplessità, ne ho trovata una verso la fine, quando troviamo uno scarto temporale molto ampio nello stacco di un solo paragrafo. ma è stata una lettura coinvolgente e piacevole! mi sono immedesimata molto, anche nei vari malesseri fisici.