“La gloria” – Giuseppe Berto


Voto: 4 stelle / 5

“La gloria” è un romanzo di Giuseppe Berto pubblicato nel 1978 da Mondadori: è l’ultimo romanzo dello scrittore, che morì di cancro il primo novembre dello stesso anno. Io l’ho letto in un’edizione Euroclub del 1979 che ho comprato al mercatino dell’usato, perciò è senza copertina. Al momento è reperibile in edizione Neri Pozza dal 2017.

Ho letto “La gloria” perché scelto come libro di giugno dal gruppo di lettura cristiano “Tra cielo e terra”.

Di Giuseppe Berto abbiamo recensito anche “Il male oscuro

Trama de La gloria

La visione di Giuda sintetizza i Vangeli sinottici. Emergono il suo pensiero e la sua umanità. Il protagonista appare quasi come alter ego di Gesù: entrambi hanno un calice amaro che devono sorbire per una traguardo comune.

Secondo il sito di Neri Pozza, dopo averlo scritto in sei mesi Giuseppe Berto ha commentato così il suo romanzo: “Sognavo un romanzo ambizioso e bellissimo e l’ho scritto pensando ai giovani e a tutti coloro che non credono in Dio, ma sentono l’angoscia di non crederci”

“Non desti risposta alcuna, e ancora ne soffriamo la mancanza. Tu, forse, pensavi che la risposta l’avresti data di lì a poco, con la gloria, ma ciò non essendo accaduto, continuiamo a chiederci che cosa sia la verità.”

Il 1978 è l’anno in cui Berto ha scritto questo libro, ma è anche l’anno in cui in Egitto è stato rinvenuto il cosiddetto Vangelo di Giuda. Come riferito dal divulgatore Bart D. Ehrman ne “Il vangelo del traditore” (Mondadori 2010), questo documento è stato preservato intatto per centinaia di anni ma quasi distrutto nei venti successivi alla sua scoperta. Vi troviamo non tanto il punto di vista di Giuda quanto la sua “buona novella” del suo arrivo. Viene chiamato il tredicesimo discepolo e viene presentato come l’unico a capire veramente chi è Gesù. Giuda gli consente di “fuggire dall’empio mondo per far ritorno alla dimora celeste”.

Vi cito questo libro perché il personaggio di Giuseppe Berto combacia con la stessa visione. Quando Gesù intinge il pane e lo porge a Giuda dicendo “Ecco colui che mi tradirà”, squarcia il velo sottile che sta tra destino e libero arbitrio. Giuda appare il designato, una pedina: colui che dovrà farsi carico del fardello del tradimento e venire dipinto come personificazione del Male nei secoli a venire.

Recensione

Ne “La gloria” cercavo il sarcasmo di Giuseppe Berto che già avevo amato ne “Il male oscuro”. Ci ho messo un po’ ma l’ho trovato: rimane sottotraccia e riesce ad armonizzarsi con la complessità del tema. Berto riesce a essere sardonico senza scadere nella facile dissacrazione. La sua preparazione sull’argomento è pertinente e ancora valida: molte delle considerazioni e delle riflessioni affidate al personaggio di Giuda sono cavalcate ancora oggi.

“Nemmeno io credevo, allora, ma Ti amavo, sempre chiedendomi come mai fosse più facile amarTi che crederTi”

L’unica cosa che mi ha un po’ disorientata, tecnicamente, è la scelta della voce narrante. Abbiamo una prima persona, Giuda, che inizialmente sembra avere la visione parziale che ci si aspetta dalle narrazioni in prima persona. La voce narrante si rivolge per la maggior parte del tempo a una seconda persona singolare, il Tu del Gesù Cristo.

Fin qui, sembrerebbe lineare. Poi però Giuda attraversa i secoli e si fa studioso: ci anticipa alcune teorie e alcune filosofie degli anni a venire, è un narratore onnisciente che conosce alla perfezione i vangeli sinottici, passa anche alla terza persona singolare. Insomma, sembra evidente, ma forse evitabile, la sovrapposizione fra personaggio e autore. Le due voci si uniscono e lanciano provocazioni, interpretazioni, domande senza risposta: le perplessità sgomente di Giuda si fanno portavoce dei dubbi dell’umanità.

“Ogni fede, anche la più materialistica, si nutre della speranza di vivere, o di morire, negli altri, cosmica sublimazione.”

Personalmente, “La gloria” mi ha detto poco di nuovo. Mi è sembrato di ritrovare gli spunti lanciati da “Jesus Christ Superstar”, che conosco a memoria e che è uscito al cinema nel 1973 (quindi anche Berto potrebbe aver avuto tutto il tempo di ispirarvisi). Ma è una lettura che mi sento di consigliare ugualmente, specie a chi ama le letture non convenzionali, perché ricca di stimoli.

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