“Le madri non dormono mai” – Lorenzo Marone


Voto: 5 stelle / 5

Lorenzo Marone ci ha abituato da sempre a storie intarsiate di emozioni e sentimenti e con “Le madri non dormono mai” ha raggiunto livelli altissimi. Il romanzo è stato pubblicato nel 2022 per la casa editrice Einaudi e il successo è stato immediato!

Di Lorenzo Marone abbiamo recensito anche “La tentazione di essere felici“.

Trama di Le madri non dormono mai

Miriam è una giovane donna di Napoli, che la vita non facile ha indurito e reso diffidente verso chiunque la avvicini. La sua unica ragione d’esistere è il figlio Diego, di dieci anni, fragile e troppo buono per affrontare il mondo. Gli scossoni della vita li hanno condotti all’Icam, un carcere femminile a detenzione attenuata che accoglie le madri che non possono lasciare i loro figli. Le celle vengono chiamate “appartamenti” e cercano di avere una parvenza di casa, ma le finestre hanno sempre le sbarre e la detenzione resta comunque forzata.

Intorno a loro donne e bambini, ognuno con la propria storia, con il cuore ferito e lacerato: i piccoli Gambo, Adamu, Jennifer, Melina, con la loro innocenza infantile, e le loro mamme.

Per chi al mondo ci sta con quel poco di libertà che gli è stata data in dote, costantemente in bilico tra tormenti e folli idee e mettendosi d’entusiasmo a migliorare quel che può essere migliorato, per questi sentì d’essere utile, di poter lenire il loro dolore facendo quel che aveva imparato a fare, semplicemente accogliendo l’urgenza che avevano, che ognuno di noi ha, d’essere accettato.”

Oltre alle detenute e ai loro figli impariamo a conoscere Miki, Greta, Antonia, Vittoria e molti altri. Ognuno con un piccolo grande dolore nel cuore, ognuno che cerca di sopravvivere in un mondo troppo difficile.

Recensione

Le sbarre possono imprigionare anche l’animo e i sogni? Ci si può sentire in gabbia più fuori che dentro una prigione?
Lorenzo Marone ci regala attimi di vita in un racconto corale incentrato sugli ultimi, sui più deboli e fragili che la società ha messo ai margini.
La maggior parte della vicenda si svolge in un carcere dove madri e figli convivono. Le madri soffrono in silenzio, rigide e apparentemente insensibili per il male che hanno già incrociato sul loro cammino.
I bambini, invece, qui si sentono liberi e sereni.
Liberi di essere se stessi, perché il mondo fuori ingabbia ancora di più, anche se le sbarre non sono di ferro e non si vedono.
Sereni, perché qualcuno si prende cura di loro, mentre fuori domina il nulla e l’indifferenza. Ogni tanto i loro occhi si offuscano per tutta la sofferenza che avvertono intorno, ma poi tornano subito a giocare allegri. Il mostro terribile è fuori, non dentro.

Proprio lui che di esempi non ne aveva avuti, per quelle imperscrutabili e imponderabili regole dell’universo, abbondava in cose buone, e con queste tentava d’arginare l’onda di un destino già scritto, cercava il male nel bene, e s’adoperava come poteva per frapporre al decadimento la bellezza, all’inerzia la curiosità, all’odio l’amore.”

La penna dell’autore ci aiuta a entrare nella sofferenza dei suoi personaggi, nel loro animo. La sua scrittura è toccante, viva, intensa. C’è un calore dirompente che si irradia da ogni pagina e fa commuovere.

Forte è anche il desiderio di vita, insieme alla necessità di aggrapparsi all’altro per riuscire a sopravvivere. Basta uno sguardo più sincero, un momento di condivisione, una lacrima. A volte basta anche solo avere un profondo amore per le parole, perché, come ci insegna Melina, una “parola bella” aiuta a sconfiggere la tristezza e fa ritornare il sorriso.

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