“Matrix” – Lauren Groff


Voto: 5 stelle / 5

Una comunità utopica senza uomini, incastonata nell’Inghilterra del XII secolo, è la provocazione di “Matrix” della statunitense Lauren Groff (Bompiani 2022, p. 267, traduzione di Tommaso Pincio).

Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale inviata in omaggio.

Trama di Matrix

Nelle notti gelide di un’abbazia dimenticata da dio e dagli uomini, una monaca compone furtiva alcuni lais: brevi narrazioni in versi, miniature aristocratiche di amore, avventura e magie. Saranno la sua freccia di Cupido per conquistare la regina Eleonora d’Aquitania di cui è segretamente innamorata. Una passione di densa carnalità, la sua. Totalizzante, vassallatica e impossibile secondo i dettami dell’amor cortese.

Il destino, infatti, la condanna alla marginalità senza possibilità di appello. Il suo nome è Marie.

Figlia illegittima di Goffredo Plantageneto, progenitore dell’omonima stirpe, è stata allontanata dalla corte di Westminster quando la regina Eleonora le ha imposto il priorato di un’abbazia reale. Marie ha diciassette anni e una cultura rara per una femmina dell’epoca.

Il monastero è un luogo povero e ingrato che le incute timore, infestato da fame, freddo, malattie. Un ambiente incolore dove le suore trascurano da tempo i compiti primari. A intristire sono le loro voci stridule, taglienti, litigiose, assuefatte al dovere della preghiera. E le tonache nere che ondeggiano “come ali di avvoltoi”.

Sulle prime Marie si tormenta al ricordo della corte ricca di luce, colore, tepore, musica, cibo e bevande. Poi sceglie di ricavare il meglio dalla vita che altri hanno scelto per lei. Proprio nel ruolo di badessa trova l’essenza della sua vita e di una vocazione mancata che vivrà a suo modo.

Un management visionario

Osservati i suoi meccanismi arrugginiti, Marie realizza gradualmente un cambiamento organizzativo che trasforma l’abbazia in un’azienda prospera, autosufficiente, innovativa, potente e rispettata. Il monastero diventa “un’estensione del corpo” della badessa e “guscio, casa, cattedrale”.

Una leadership visionaria, coraggio, creatività, ambizione; una gestione razionale delle risorse umane creano un clima di lavoro operoso e motivato. E molto molto terreno. Perché in Matrix sacro e profano si fondono e confondono.

Col tempo Marie prende una drastica decisione: tutte le terre dell’abbazia saranno un luogo di sole donne. Lo scopo è “allontanare l’influenza corruttrice del mondo”, ovvero violenza e soprusi di una società al maschile. Però emerge la necessità di una protezione. Addomesticata la foresta, la badessa fa cingere la proprietà con un labirinto vegetale di cui solo le suore conoscono i segreti.

Mentre cavalca, Marie si domanda di continuo la stessa cosa: quanto si sentirebbe smarrito
un estraneo che non abbia escogitato lui quell’inganno, e in quanto tempo si arrenderebbe per fare ritorno in città
?”

A ben vedere il labirinto, pur delimitando il perimetro della comunità mono-genere, non esclude l’esterno in modo netto. Lo tiene alla larga e quasi lo sfida a trovarne l’accesso. A me pare un dato interessante rispetto a utopie rosa, dove gli uomini non esistono, si sono estinti o vivono in una condizione di subalternità.

Assenti come personaggi, gli uomini incombono seguendo logiche di sopraffazione.

Questo Paradiso terreno non potrà sfuggire ai sabotaggi di malumori, invidia, calunnie. La stessa Marie, che sostiene la carica emotiva del romanzo, cede all’orgoglio e alle sirene del potere. La domanda è: per garantire libertà, ordine, armonia basta declinare al femminile una società?

Recensione

Dopo “Arcadia” del 2014 Lauren Groff torna a misurarsi con aspettative e limiti di una società chiusa.

L’ autrice si è ispirata a Marie de France, la cui indeterminatezza storica consente un ampio margine di libertà creativa. Vicina alla corte di Enrico II Plantageneto, scrisse una raccolta di testi in rima (lais) in cui concilia messaggio cristiano e materia cortese. Tra le ipotesi di identificazione compare anche la badessa di Shaftesbury.

Matrix riscrive in modo suggestivo una pagina del Medioevo, integrando in un tessuto storico coloriture fantastiche e oniriche. La prosa elegante e concreta merita, in particolare quando mostra tutto il fardello della nostra corporeità

Commenti