“Mattino e sera” – Jon Fosse


Voto: 4 stelle / 5

“Mattino e sera” è un racconto breve del premio Nobel 2023 Jon Fosse, scritto nel 2000 e pubblicato in Italia per la prima volta da La nave di Teseo nel 2019. Ho letto questo libro perché è stato scelto per il mese di aprile dal gruppo di lettura “Sulla traccia di Angela” della biblioteca Di Giampaolo di Pescara.

Trama di Mattino e sera

Tre sono le scene principali di “Mattino e sera”: il primo giorno di vita del protagonista, il pescatore Johannes, e l’ultimo. Nella terza scena abbiamo un po’ le definizione di quello che viene evocativamente raccontato nella seconda parte.

Recensione

Il mio approccio a “Mattino e sera” è stato poco gioioso. In genere sono sospettosa verso lo stile ricorsivo, quando il flusso di coscienza si traduce nel ritorno ossessivo delle stesse frasi e degli stessi pensieri e lascia poco spazio all’azione. Ho apprezzato la prima scena, quella che rappresenta il mattino, specie per la particolarità dei suoni con cui viene descritto il parto. La diffidenza, però, mi è rimasta.

Dal mattino si passa alla sera in un voltare di pagina. Lo stile cambia poco, nel corso della lettura c’è qualche accenno ai genitori di Johannes, presenti nella prima scena, ma per il resto potrebbe essere un racconto del tutto slegato e autonomo. Vista la sproporzione fra le due parti, ho avuto anche la sensazione che il nucleo originario del libro fosse soltanto la “sera” e poi si fosse lavorato sul resto.

Comunque.

Anche se il mio distacco è rimasto, ho colto e apprezzato le suggestioni che il testo emana. Ho scherzato anche un po’ sulla sua ricorsività, che in alcuni passaggi mi è sembrata davvero eccessiva, ridondante.

Eppure è grazie a questa sua caratteristica che “Mattino e sera” finisce per somigliare a una nenia, una fiaba, una preghiera. L’atmosfera surreale di sospensione che pervade questa seconda parte trova spiegazione – già facilmente intuibile, d’altra parte – soltanto alla fine.

E io che ci ho scherzato anche sopra, mi sono trovata a provare consolazione. Alla fine mi sono detta che è proprio così che lo immagino e lo spero, il grande passaggio: come in un sogno in cui impariamo a disabituarci alla vita.

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