Dopo il successo del suo primo romanzo, “L’invenzione della madre” (Minimum Fax, 2015), Marco Peano torna alla ribalta con un romanzo sorprendente e conturbante. “Morsi” (Bompiani, 2022) potrebbe essere definito un romanzo di formazione a tinte fosche, ma possiede al suo interno talmente tante sfaccettature che ogni tentativo di classificazione lo sminuirebbe.
Trama di Morsi
Inverno 1996. A Lanzo Torinese il freddo è sempre più pungente e il Natale si avvicina, ma l’attenzione del paese è tutta rivolta al drammatico “incidente” avvenuto in una classe, durante lo svolgimento di una verifica.
La piccola Sonia vive in questo piccolo paese ai piedi delle Alpi con la nonna Ada, donna dai modi ambigui, conosciuta da tutti come “guaritrice”. Trascorre molto tempo con il suo amico Teo, ragazzo dai modi rudi, ingenuo nella sua semplicità.
Di colpo i due ragazzi si accorgeranno che “l’incidente” non è rimasto un evento isolato, ma drammaticamente comincia a coinvolgere tutti gli abitanti del paese.
Inizia così per Sonia e Teo un’avventura fuori da ogni canone razionale, che li costringerà a crescere repentinamente e a guardare il mondo con occhi diversi.
“Per quanto si possa tentare di dimenticarli, alcuni momenti della vita emotiva di ciascuno di noi risultano indelebili. Che sia un episodio tremendo o piacevole, un evento gioioso o qualcosa che si vorrebbe cancellare per sempre, il tempo agisce sulla memoria lasciando un segno.”
Recensione
Un tranquillo paesino tra i monti piemontesi, due ragazzi in cammino verso l’adolescenza e l’irrazionale che sconvolge le loro vite. Gli ingredienti che rendono “Morsi” un libro speciale sono tutti qui!
L’autore riesce ad alternare tenerezza e atrocità con abile maestria. La tenerezza circonda la vite di Sonia e Teo, i loro gesti quotidiani ancora legati all’infanzia, le loro prime scoperte verso un mondo più grande di loro.
L’atrocità si rivela nella realizzazione del male, che è sempre esistito e non cesserà mai, sia nelle forme più crude e terribili, sia nelle forze oscure e imperscrutabili. E crescere vuol dire anche imparare a riconoscerlo e ad affrontarlo. Soli con se stessi, senza alcuna forma di aiuto.
“Quell’evento di cui da giorni erano unici testimoni non sanciva la fine del mondo, ma solo la fine di “un” mondo: il loro.”
Indubbiamente tutta l’ambientazione ha un fascino particolare. E’ suggestivo il paesaggio invernale ricoperto dalla neve, suggestiva l’atmosfera natalizia che non rasserena l’animo come da copione, ma inquieta e disorienta. Suggestiva, inoltre, la collocazione temporale relativa agli anni Novanta (un piccolo regalo per noi che li abbiamo vissuti pienamente!).
La scrittura procede in maniera fluida, talvolta rilassa e incanta, talvolta stordisce e spiazza completamente il lettore, ma staccarsi dalle pagine è quasi impossibile!
“Fu quello l’istante in cui ebbe un’intuizione che l’avrebbe accompagnata anche in futuro, fine alla fine dei suoi giorni: conoscere il nome delle cose significa salvarsi. Le parole salvano sempre.”
A fine lettura molte domande restano in testa, ma forse anche questo è un oscuro messaggio: cercare spiegazioni razionali a volte non è possibile. Rimane così un alone di mistero, candido come la neve, ma in grado di lasciare un segno indelebile, come un “morso”.