“Non sono stato io” di Daniele Derossi (Marsilio 2019) è un romanzo piacevole riuscito a metà. L’autore infatti avrebbe potuto giocare in modo meno convenzionale due buone carte: un bambino che esprime a suo modo il bisogno d’amore; un ritorno alle origini che incrina equilibri e ne crea di nuovi.
Trama di Non sono stato io
La giovane Ada insieme al piccolo Giacomo va a vivere nel paesino della Val di Susa dove è nata e cresciuta, a seguito della dolorosa separazione dal marito, ricercatore pachistano attivo a Londra. Spera di ritrovare un po’ di serenità in un ambiente nuovo e nello stesso tempo conosciuto, supportata dalla madre, felice di fare la nonna. Fin dall’esordio incombe il peso di una sciagura recente, taciuta perché a tutti nota, che spinge l’interlocutore di turno a commiserare la povera donna con parole di circostanza, cariche di sottintesi dolorosi. Tra vecchie conoscenze e spiragli occasionali, tra rivalità con l’amica del liceo, che in pubblico troneggia da appagata borghese e nel privato è una moglie sull’orlo di una crisi di nervi. Tra scampagnate proibite e gite innocenti rattristate dal rimpianto dei “se” per ciò che non è stato.
Tra attacchi di panico e notti ad occhi aperti senza la benedizione della chimica, Ada galleggia a fatica. Anche Giacomo si trova in difficoltà perché non lega con i nuovi compagni di scuola. Questi hanno già imparato a ferire un coetaneo italo pakistano con la fionda del razzismo. Non sanno ancora quanto. Ignorano il perché.
E lui, in sofferenza emotiva, reagisce con un comportamento passivo aggressivo da manuale. Per fortuna dichiara di avere incontrato un amico speciale, un bambino furbo e spericolato dai capelli rossi. L’improvvisa scomparsa di una compagna di classe sembra ricompattare il paese che mette in campo tutte le risorse per ritrovare la bambina.
Recensione
Felice il “colpo di coda” in prossimità della conclusione che ribalta le certezze del lettore. Efficace la scelta di una narrazione a più voci, scelta marcata dalla grafica poiché ad ogni voce narrante il font cambia. Di contro la prevedibilità di fatti e personaggi toglie un po’ di smalto alla vicenda. Per esempio il contrasto tra ratio dello scienziato e indole più impulsiva di Ada oppure quello tra la mentalità chiusa dei valligiani e quella – secondo il loro punto di vista – aperta di chi ha conosciuto il mondo appare semplicistica.
Ancora il parrucchiere del paese che, banalià per banalità, non solo non ama le donne, ma è la cabina di regia dei gossip locali. E un corso per imparare a modellare l’argilla con il tornio (ricordate il film “Ghost”?) perché è il contatto materico a curare l’anima. E un rapporto tormentato tra Ada e la figura materna. Ciò detto, non escludo la lettura di un altro romanzo di Daniele Derossi sperando ci regali questa volta una bella sorpresa.